Il successo del precedente lavoro del 2005 intitolato ‘Apologies to the Queen Mary’, a suo tempo efficacemente trainato dalla canzone ‘Modern World’ e dal relativo, splendido videoclip – andate di corsa a recuperarlo su youtube, se non lo ricordate… – teneva molti appassionati di indie rock in attesa, per questo nuovo lavoro del quartetto canadese di Montreal, che in realtà ha dichiarato, nelle interviste rilasciate immediatamente prima di questa pubblicazione, di aver voluto rischiare, tenendosi alla larga dalla tentazione di riproporre la copia conforme di suoni ed atmosfere già presentati 3 anni fa. Per questa ragione, i Wolf Parade hanno deciso di ripartire, dopo la tournèe mondiale del 2007 e i loro non certo indispensabili progetti paralleli in bassa fedeltà – Handsome Furs e Sunset Rubdown – da lunghe jam strumentali, nell’attesa che da queste bozze di lavoro qualcosa di buono e di originale venisse fuori. E infatti è accaduto, malgrado nel loro folk rock elettrico non ci siano stravolgimenti clamorosi, piuttosto un leggero cambio di traiettoria. Senz’altro, alcune tracce nuove, tra le quali ‘California Dreamer’ e ‘The Grey Estates’ contengono ritmi sostenuti stile vecchi Rem anni 80, ai quali non credevamo il gruppo fosse più di tanto interessato, dal momento che il precedente lavoro presentava atmosfere sostanzialmente più cupe, romantiche, con un lavoro ancora maggiore di tastiere; ricordo che una rivista americana, all’epoca, per spiegare ai lettori la musica di Dan Boeckner e soci parlò, con un’ermetica metafora, di “oscurità bisbigliante”. Qui, nel nuovo ‘At Mount Zoomer’, ci sono prima di tutto le chitarre elettriche, non proprio “diritte” e punk come nei lavori dei Television – dei quali i Wolf Parade pare siano fan – ma ad ogni modo piuttosto robuste, soprattutto, poi, con composizioni dalle trame complesse stile Grateful Dead, e qui si vede che le lughe jam strumentali in studio, di cui dicevamo, hanno avuto conseguenze a livello creativo – c’è chi parla addirittura di risvolti prog rock… – e la conclusiva traccia ‘Kissing the Beehive’, lunga 10’50”, è emblematica, con una inattesa coda funk di 3 minuti guidata dal basso elettrico.
‘At Mount Zoomer’, dunque, ammorbidisce le notturne e grumose tensioni indie-folk del passato, di band quali Minus Story o Early Day Miners, per aderire ora ad un’idea di musica che molti gruppi Sub Pop, dai Rogue Wave ai Band of Horses, stanno compattamente perseguendo e che, nel suo piccolo, sta riformando la musica nordamericana.
Autore: Fausto Turi