La matassa che compone il terzo EP dei Vov, dal titolo omonimo, è davvero complicata da sbrogliare. Nonostante la voce interessante di Marta Mattalia, gli arrangiamenti, per quanto curati, non dicono troppo di nuovo, riuscendo a ricadere su sé stessi per quanto nel breve termine sembrino essere piacevoli.
Dopo la propositiva apertura di Marta è morta su Marte, già al secondo brano Pieni di Niente, l’attenzione cala notevolmente, altalenando tra un flebile interesse e uno sbadiglio. Mattino Notturno, terzo brano di Vov, consegna definitivamente questa produzione all’insieme delle ciambelle senza buco: nessun mordente, nessuna apertura degna di nota anche se una buona linea percussiva, affidata per l’interno album a Luca Bergia dei Marlene Kuntz, farebbe presagire qualcosa di meglio.
Purtroppo la situazione non migliora con il penultimo brano, Essere Umano: gli innesti di synth poco dopo la metà del pezzo non riescono a conferire novità e corpo ad un sound che sembra essere tremendamente simile a sé stesso, invischiato in una forma ripetititva e a tratti autoreferenziale.
Leggermente meglio Il piccolo fratello, traccia di chiusura, in cui si apre uno spiraglio, tra epici bridge e passi leggermente più marcati, ma è troppo tardi: quando sembra che finalmente il tutto stia prendendo un senso, l’ep si chiude, passando etereo e quasi invisibile. Considerando le potenzialità che la band sembrerebbe dimostrare a tratti, è un vero peccato.
Autore: A. Alfredo Capuano