Anche se è ormai vicino ai 64 anni al cantautore di Pavana non mancano voglia ed entusiasmo che lo caratterizzano da oltre quarant’anni. Diciamolo subito, se l’entusiasmo è percettibile, “Ritratti” non entusiasma come altri album di Guccini per un’eccessiva verbosità dei testi e per uno stile musicale ormai sempre fermo agli stilemi da jazz cantautoriale, su cui sembra essersi cristallizzato da troppi anni. Con questo non voglio dire che “Ritratti” sia un brutto disco, ma che per certi versi sembri fatto in maniera affrettata. Sarà forse che superati i 60 anni, sembra che la pigrizia abbia preso il sopravvento su di lui e non si è impegnato più di tanto nel rendere questo Cd più diverso musicalmente dagli ultimi. “Ritratti” è una sorta di concept album con sei brani su nove dedicate a dei personaggi più o meno famosi. I ritratti dipinti da Guccini sono spesso molto particolareggiati. Emblematico il primo ritratto “Odyssesus” nel quale ripercorre le avventure dell’archetipo dell’avventuriero: Ulisse, metafora della ricerca dell’esistenza che ha sempre caratterizzato l’uomo. “Odyssesus”, messa come prima canzone, è il giusto punto di riferimento da cui partono i viaggi di “Cristoforo Colombo” o la rabbia di Carlo Giuliani descritto, volutamente con delle semplici ed efficaci sfumature in “Piazza Alimonia”, dove ad essere in primo piano è Genova con gli scontri del G8 del luglio del 2001. Ad “Odyssesus” sono riconducibili anche il fascino che suscitano in lui le “Vite” o la passione ed il profondo senso di amore che aveva per l’umanità Che Guevara (“Canzone per il Che”). Guccini torna al dialetto modenese, con “La ziatta”, traduzione de “La tieta” di Joan Manuel Serrat. Mi sembra doveroso concludere questa recensione con la citazione dell’inedito “La tua libertà” che dopo 33 anni Guccini si è deciso a pubblicare, che ci riporta ai fasti de “L’isola non trovata” e di “Due anni dopo”, due tra i più bei dischi del nostro.
Autore: Vittorio Lannutti