Non dite ai Múm che la loro musica è (semplicemente) una trasposizione in note dei paesaggi selvaggi della natìa Islanda. Ci potrebbero rimanere male.
Certo, i contrasti tra i suoni “freddi” elettronici e quelli “caldi” analogici potrebbero far pensare, attraverso analogie neanche troppo complesse, agli elementi “fuoco” e “ghiaccio” della loro Isola. Ma è troppo riduttivo. E loro ci tengono a farlo presente.
“Summer Make Good” è un lavoro di un’ambizione quasi irritante. Eppure il risultato è (ancora una volta) incantevole. La sensazione che si ha ascoltando questo disco è vicina a quella che potrebbe provocare una passeggiata tra le nuvole. Sospinti dalla voce fanciullesca di Kristín Anna Valtýsdóttir, spesso ridotta ad un soffio, ad un leggerissimo mormorio, ci si inoltra in ambientazioni immaginarie, in paesaggi onirici sempre nuovi e imprevedibili, in scene di film fantastici.
I film, appunto. E’ questa la dimensione ideale dei Múm di oggi: creatori di colonne sonore immaginifiche, più che in passato tendenti alla ricerca del pathos, dell’effetto drammatico che lasci l’ascoltatore/spettatore col fiato sospeso, in attesa di scoprire cosa riservi la storia.
Abbandonando le metafore, bisogna dire che ciò che più colpisce di questo disco è la straordinaria complessità sonora che lo caratterizza. I brani, infatti, sono quasi tutti costruiti su una fittissima stratificazione di suoni, in cui fisarmoniche, pianoforti, archi e altri strumenti “tradizionali” spuntano con estrema naturalezza sotto una rete di glitch e pulsazioni digitali, oltre ad una serie di “field recordings” raccolti nel faro abbandonato (!) dov’è stato registrato il disco: scricchiolii di vecchi vinili, rumori del vento e del mare in tempesta.
L’alchimia raggiunta dai Múm ha qualcosa di magico: i ragazzi hanno trovato un loro personalissimo linguaggio, modernissimo eppure legato allo stesso tempo, per certi versi, ad un’indefinibile dimensione “ancestrale”, richiamata dai frequenti accenni di folk tradizionale oltre che dalle melodie, che rimandano a favole senza tempo. Il mood generale è comunque leggermente più “dark” che in passato: come se un po’ dell’innocenza degli esordi fosse svanita, lasciando intravedere delle zone d’ombra.
I Múm sono cresciuti, e sono tornati dopo due anni con molte cose da dire, tante nuove idee e più di un briciolo di presunzione. Una band che è tanto facile da amare quanto da considerare insopportabile. Anche se penso tutto stia nell’avvicinarsi alla loro musica con la predisposizione giusta: quella di chi non teme di lasciarsi andare lì dove i confini tra sogno e realtà si fanno molto, molto labili.
l’intervista http://www.freakout-online.com/interviste/múm.htm
Autore: Daniele Lama