Ci sono tanti modi con i quali si può esprimere l’arte femminile, ma state pur certi che Stefania Perdetti, in arte ?Alos (Sola?), ne ha uno tutto suo e difficilmente catalogabile, anche per il più minuzioso e filologo dei critici musicali. L’unica cosa certa che emerge dall’ascolto di “Ricamatrici” è la totale libertà con la quale agisce la Pedretti, fuori da tutti gli schemi. Tuttavia, l’etica da scribacchino, appassionato di musica, mi impone di tentare di far comprendere ai lettori di cosa si occupa la Pedretti, quindi qualche riferimento lo devo pur fare, seppur con difficoltà. Partiamo dal fatto che la struttura dei suoi brani è minimale, non ci sono testi, e il suono utilizzato proviene fondamentalmente dal pianoforte, suonato dalla stessa artista, e dall’elettronica, ad opera di Claudio Rocchetti. Su questi suoni la Pedretti di tanto in tanto ci mette su dei gorgheggi, per certi versi ricordano Diamanda Galas, o delle melodie. Tuttavia, questo progetto ha un altro motivo di interesse, vale a dire l’omaggio che l’artista milanese fa ai sogni infranti di tante donne, costrette a lavorare come sarte, e quindi a dover rinunciare ai propri sogni, soprattutto quelle emigranti. Di tanto in tanto, infatti, si sente il suono della macchina da cucire che contribuisce a creare l’ambiente della fabbrica, soprattutto ne “La macchina da cucire”, dove l’elettronica incalzante emana l’angoscia della produttività a tutti i costi imposta dal capitalismo e dal malriuscito tentativo di creare una cosa unica tra uomo e macchina.
Autore: Vittorio Lannutti