Colpisce l’esordio “Bright Green Field” (Warp) del gruppo britannico, sintesi di post punk e new wave, con radici salde nel finire degli anni settanta, ma con uno sguardo rivolto al presente; forte del cantato di genere del batterista Ollie Judge.
“G.S.K”, con il suo essere muta-forma, testimonia una capacità eclettica e una disinvoltura nel muoversi tra trasversali trame, capaci d’abbracciare tutto il ventaglio noto e meno noto dello splendido quinquennio ’78-‘82.
“Narrator” (ft. Martha Skye Murphy) alza il minutaggio, confermando l’ottima vena compositiva degli Squid, brano suggellato anche dal suggestivo video.
“Body Racers” si impone con i suoi riff in arpeggio di chitarra, prima che la sua sperimentale coda di chiusura non conduca all’evocativa “Padding”, sulla quale perfetto sarebbe stato il cantato di David Thomas, così come per la curata “Documentary Filmmaker” e la notturna “Global Groove”.
Le abrasioni di “2010” si infrangono sugli abbozzi di jazz contemporaneo di “The Flyover”, anticipando “Peel St.” che riconduce l’ascolto sulle originarie direttrici.
“Pamphlets”, così come per “G.S.K.”, è summa di generi, congedando un disco che sicuramente mostra maggiori punti di pregio rispetto ai suoi omologhi contemporanei.
autore: Marco Sica