L’etichetta svizzera di Reverend Beat-Man, la Voodoo Rhythm records, è divenuta negli ultimi anni, e cioè i primissimi del nuovo millennio, una label di culto internazionale attenendosi strettamente al verbo garage, blues-trash e primitive rock’n’roll.
Ma già dagli anni ’90 con bands e produzioni estreme ed a volte bizzarre come Dead Brothers, Monsters, aveva dimostrato di essere interessata unicamente al lato più oscuro e meno ortodosso del rock, ed in alcuni casi ad incesti contro natura tra generi molto diversi, polka, zydeco, punk, cabaret, come nel caso dei Watzloves , coerentemente con la ragione sociale che si era data ed alcuni sottoragioni: ‘Records sto ruin any party…..He’s monsters voice’.
E’ diventata poi nel nuovo millennio una sorta di amorevole ed accogliente ovile europeo ma cosmopolita.
Devo dire che con questa produzione recentissima, Because Of Women degli svizzeri Roy & The Devil’s Motorcycle, tre chitarristi (3 Brothers) più un batterista, Oliver, la Voodoo Rhythm si è davvero superata. Il sound prodotto dalle tre chitarre e da Oliver travalicano l’abusato concetto di trash-blues che si rivela limitativo nel loro caso. Da un lato si ricollegano a certo ‘decostruttivismo‘ blues di mitiche bands come Chrome Cranks, Bassholes e Cheater Slicks; come in brani oppiacei I Had A Dream, l’acustico-folkeggiante Winding Up (con tanto di onde che si rifrangono e grida di gabbiani) e l’informale Dust Ball Flashback iniettano nella matrice nera del blues alcolizzati ed onirici umori esistenziali di bianchi alla deriva, di vite allo sbando, mutandone per fatale inerzia e trasfigurandone le trame originarie.
Un mood che ricorda molto gli abbandoni drogati degli Spaceman 3. Ma, a differenza dei nomi succitati, Roy & The Devil’s Motorcycle rinunciano ad urgenza ritmica e deflagrazioni soniche per dar vita ad una psichedelica blues decelerata ed inquietante in cui sono gli obliqui e visionari téte-a-téte delle tre chitarre e la voce trasandata ed occasionale a farla da padrone .
Autentici monumenti al ‘cuore nero’ di questo blues posseduto da un incredibile nichilismo bianco sono Dark Sunday Evening ( qui i 13th Floor Elevators sembrano essersi dati appuntamento con i Joy Division ), la cover di Junior Kimbrough, Don’t Leave me (strascicata ed alcolizzata) e quella di Elmore James, It Hurst Me Too, che come Johnny Be Good iniziano canoniche per poi inerpicarsi perfidamente su stravolti ed imprevedibili sentieri sonori .
Omaggi alla tradizione quindi , anche se devastati da una seriale dedizione alla profanazione ed ad un’innata trascendenza sonica. Sono comunque episodi come Illumated Cowboy, spiritata ed inclassificabile, che non offre il fianco ad alcuna etichetta musicale ‘umanoide’, e poi Dark Sunday Evening, e la tormentata e densa When We Were Young che senza ombra di dubbio mettono a fuoco la visionarietà straripante e potente di una band rimasta troppo a lungo nell’oscurità di un piccolo villaggio delle montagne svizzere, oggetto di un rito per pochi adepti.
Autore: Pasquale Boffoli