Dopo Home, How They are, e l’album-sito It starts Here, Peter Broderick, cantautore post-folk ormai affermato di classe 1987, lancia per Erased Tapes These Walls of Mine, che si potrebbe definire il suo album più intimista (come anche il titolo lascia presupporre) se non fosse che l’intimismo è uno stile costante di questo ragazzo, come ben sa chi come Freak Out lo segue sin dagli esordi.
Così come è costante lo sforzo di fare musica non banale, di cercare sempre di emozionare più che stupire o vendere: e inoltre c’è lo sforzo di seguire una trama, fra i vari dischi che rappresentano la sua produzione ufficiale (Broderick, infatti, ha all’attivo anche diverse collaborazioni e colonne sonore, fra cui vale la pena di ricordare la parthership con Nils Frahm e con gli Efterklang): se nel primo lo strumento portante era la chitarra acustica, e nel secondo il pianoforte solista, nel terzo c’erano sperimentazioni varie all’insegna del polistrumentismo e ora invece protagonista assoluta è la voce.
Non soltanto la sua, ma anche quella di amici e collaboratori musicali che intervengono (grazie a registrazioni via web) non solo con cori o vocalizzi ma anche discorsi completi, frasi, pensieri.
Di conseguenza questo è l’album più concettuale, in un certo senso, dove la parola prende il sopravvento, come in Proposed solution for the Mistery of Soul, o in I’ve Tried, mentre è protagonista ancora, ma è splendidamente accompagnata da melodie strumentali, in Inside out There o in When I blank I blank.
Si tratta sempre di melodie di accompagnamento: non ci sono assoli, virtuosismi, o momenti strumentali, anche quando l’arpeggio cattura, come nel caso della dolcissima e autobiografica I Do This, o in Freyr!, (dedicata al gatto scomparso), la cui chitarra ricorda (forse troppo!) I’m on Fire di Springsteen.
Si tratta comunque di un album estemporaneo, ancora una volta non programmato, stimolato dalle richieste di Robert della Erased Tapes di mettere su disco gli esperimenti vari che come al solito Peter conduceva nella sua casa a Berlino, dove si è trasferito dall’ Oregon.
Così Peter presenta il suo lavoro: “Di recente ho fatto degli esperimenti a casa con un microfono e un portatile, registrando e caricando nuove canzoni gratis online, ognuna delle quali accompagnata da una foto e alcune parole, e aperto ai commenti dal mondo esterno. Naturalmente gli strumenti e la musica sono importanti, ma quest’album è tenuto insieme da un dialogo di voci. Conversazioni con me stesso e con altri“.
Soprende, infine, l’ennesimo tentativo di esplorazione di generi: dal folk degli esordi, al post-rock dei precedenti album, si arriva con questo addirittura al rap o al beatbox (particolarmente in These Walls of Mine II, che mette in ritmo il fraseggio puro della parte I), ma sempre in relazione alle sperimentazioni vocali.
Perché il tratto comune, possiamo dire ormai (dopo quattro album) il marchio di fabbrica, di Peter Broderick è un grande talento strettamente musicale, da compositore, che lo avvicina ai Nils Frahm o Olafur Arnalds di oggi, formando con loro una fiera squadra che contribuisce a tenere alta nell’epoca attuale la più tradizionale e antica delle forme musicali.
Autore: Francesco Postiglione