Cominciamo dalla copertina: il nuovo album di Cat Power mostra, su uno sfondo grigiastro, il viso al solito perfetto della cantautrice di sangue cherokee, irlandese ed ebreo, illuminato da un arcobaleno. La metafora è semplice ed efficace, e trova conferma nei toni delle 11 canzoni di questo nono disco di una carriera artistica iniziata nel 1995 che ha influenzato profondamente il cantautorato femminile indipendente, e la metafora è che Charlyn M. Marshall, 39 anni, ha superato le proprie fragilità e le insicurezze del passato – le crisi di panico, per tenere a bada le quali in una sola notte di sofferenza scrisse l’intero album Moon Pix nel 1998, il timore del palco e l’esigenza d’imbottirsi prima d’alcolici, le delusioni sentimentali dalle conseguenze emotive spropositate per una donna adulta, la ricerca spasmodica di un po’ di quiete interiore che la portò al ritiro dalle scene per un po’, nel 1996, per mettersi a fare la baby sitter, la settimana in un reparto psichiatrico a Miami nel 2006, la proverbiale incapacità nelle interviste di mettere in fila 2 parole non dico all’altezza delle sue liriche autobiografiche superbe, ma almeno di senso compiuto – e forte di un equilibrio interiore nuovo, musicalmente sterza di nuovo – come già in passato dal folk blues all’indie rock, e poi al soul – e lo fa stavolta verso l’electro pop, mettendo a riposo la sua Dirty Delta Blues Band e affidandosi al produttore francese Philippe Zdar dei Cassius.
Sun non è sicuramente tra i migliori dischi di Cat Power, e non è dotato di sufficiente peso specifico per paragonarlo ai suoi predecessori; inoltre lo stacco col passato è talmente netto da spiazzare non poco i fans storici – per quanto le vendite in questi primi giorni risultino clamorose, e il disco nella prima settimana ha toccato il decimo posto della classifica Billboard – con picchi in ogni caso rassicuranti e qualche episodio invece debolissimo.
‘Ruin‘ è la vera bomba pop, tutta elettronica con l’aggiunta di una chitarra elettrica, ballabilissima, è una canzone electro che temiamo finirà ostaggio di centinaia di grossolani e inutili remix, con un testo che parla della fame nel Mondo e dell’insensibilità diffusa sul tema, e poi c’è ‘Cherokee‘ il primo singolo, malinconico e romantico ma dal ritmo in ogni caso scandito dalla drum machine su beat digitali vellutati, ed un videoclip in cui la cantante compare con un discutibile biondo ossigentato in una storia fantascientifica da lei stessa diretta, stile Mad Max, senza capo né coda, nonché ‘3 6 9’, che ripesca nel malessere esistenziale, ma anche qui con ritmo e ritornello soul decisamente riuscito.
‘Sun’ al contrario è un piccolo inno di rinascita in cui, come è nello stile della nuova Cat Power, la sua voce è raddoppiata, creando un effetto soul gospel moderno che dà piacevoli vibrazioni, su un tessuto elettronico e tastieristico ormai così totale.
‘Silent Machine‘ e ‘Real Life‘ al raddoppio vocale aggiungono anche un controcanto, e sono due buoni electro gospel proprio come ‘Nothin but Time‘, che dura 11 minuti, in cui Cat Power sembra rivolgersi ad un giovane in crisi esistenziale, compatendone la situazione, mentre ‘Peace and Love‘, ‘Human Being‘, ‘Manhattan‘ e ‘Always on my Own‘ non convincono proprio, perchè assomigliano troppo alla vecchia produzione ma senza l’appeal acustico, mostrando una struttura esile, di scarso valore.
Pare che tutto il materiale inizialmente scritto e inciso per questo disco da Cat Power sia stato ad un certo punto scartato perchè: “troppo doloroso e personale da pubblicare“, e queste sarebbero state le premesse di Sun: disco pop positivo e ritmato; non si può non tenerne conto, nel valutare il disco, ma certo anche quelle canzoni scartate ci piacerebbe ascoltarle, un giorno.
Scarica qui il brano “Ruin”
www.matadorrecords.com/mpeg/cat_power/cat_power_ruin.mp3
Cat Power – Ruin (“SUN” ANNOUNCEMENT VIDEO) from Cat Power on Vimeo.
Autore: Fausto Turi
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