Facendo due conti velocemente, penso di non aver comprato neanche un cd rock nell’ultimo anno… ma si … forse un paio … nulla di eclatante comunque nel genere. Ieri sorseggio un pò di vino con un amico in un localino e di sottofondo parte una musica sconosciuta eppure familiare. Riffs metà Jawbox metà Karate negli anni post rock, incastrati in una base ritmica molto presente e arricchita da inserti elettronici. Sporcizia e melodia. Vecchi tempi dei Girls Against The Boys … ma c’è qualcosa di più. Aperture sognanti e ariose che però non intaccano le belle dissonanze, che poi, dopo scoprirò, caratterizzano tutto questo disco.
Acquisto immediato di questo lavoro dei LAKE TROUT, americani di Baltimora … se visitate il loro sito (www.laketrout.com) avrete quasi l’impressione di aver scavato in quel sottobosco in cui vivono centinaia di gruppi di cui non c’è traccia pubblicitaria. Eppure mi dico che questi cinque sono troppo bravi per essere sconosciuti e che forse sono io l’ignorante che non li ha mai ascoltati prima. Qualunque sia la risposta, entriamo nel merito. Non potete perdervi la prima traccia Stutter dove è un basso ipnotico e ipereffettato a comandare proprio stile G.A.T.B., cattiva e monotona al punto giusto conduce alla prima vera perla di questo cd Say Something, davvero notevole, ben studiata.
Molto efficace il gioco elettro/acustico che mette in risalto l’evolversi delle diverse atmosfere, da quelle più incalzanti alle altre più sentimentali. Precisando che non esiste una traccia “inutile”, passerei alla quarta, Holding che mi dà la giusta occasione di parlare di questo cantante, Woody Radere, che ricorda un po’ di colleghi famosi. Nelle sue corde ci sono sicuramente Radiohead, Muse e Coldplay, ma come dire … se i Lake Trout proponessero un genere affine a quello di ‘sti tre gropponi … niente di eccezionale, ma siccome siamo in tutt’altro filone musicale e siccome, bisogna dirlo, Radere ha un modo di cantare molto personale e soprattutto è artefice di melodie emozionanti e creative, anche là dove la sua performance è più lineare e di conseguenza facilmente paragonabile a chicchessia, nulla da dire…bella interpretazione e bella ballata english style.
La base un po’ disco un po’ jungle di Bliss, sesta traccia, mi ricorda i Senser … ma un attimo…i Senser come forse avrebbero voluto essere in alcuni episodi più rock e non ci sono riusciti. Another one lost la n.otto dà il titolo all’album, è la prima song veramente calma e acustica…dite quello che volete ma a me vengono in mente le onde del mare…quelle al tramonto con l’acqua cheta! Come ultima voglio segnalare la dodicesima traccia Look Who It Is, molto mogwaiana, sicuramente amata da chi sa apprezzare.
Autore: Renata De Luca