“Double party” e “I can’t sleep and I hate you”. Uno e due. Senza indugi, senza preamboli, senza espletare la formalità dei convenevoli, i mantovani Super Elastic Bubble Plastic si presentano così, con due pezzi di rock’n’roll bastardo e sanguigno scagliati uno dietro l’altro in faccia all’ascoltatore come fossero due schiaffi cocenti destinati a lasciare il segno delle dita. E a ruota il singolo “My emotional friend”, con la sua buona radiofonicità che non penalizza affatto l’ennesima galoppata della chitarra. Quarto pezzo e il discorso da qui in poi si fa più complicato, non perché il gruppo vada perdendo in immediatezza – anzi – ma perché risulta con maggior evidenza come le scariche adrenaliniche siano generate da intriganti sfaccettature sonore che molto aggiungono al solito rifferama punk-rock fatto con un accordo e due stop’n’go. E così accanto a “Souvenir d’Italie” e “Addiction”, brani ideali per scatenare il pogo nell’arena polverosa di qualche festival all’aperto, c’è spazio pure per “Come with U.S.”, la cui coltre plumbea va ben presto dissipandosi, per “Little red ghost”, sulla quale il cantante diffonde alitate di whiskey e tabacco mentre al di sotto un basso urticante provvede al resto, e per la marcetta irriverente della title track, dove la voce sembra a più riprese sul punto di spezzarsi e poi sbraita più incazzata di prima. Inaspettati come un aumento di stipendio, sopraggiungono nel finale le sinuosità di “Sisters” e i pochi secondi acustici di “My emotional friend (reprise)” a ricordarci che anche nel petto dei rockettari più esagitati alberga un cuore incline alla melodia.
Autore: Guido Gambacorta