Un americano a Parigi? Un lupo mannaro americano a Londra? No: un inglese a Chicago. Brainstorming di “trasferte” per addivenire alla carta d’identità di Jim Elkington, leader di questo quartetto che però è in maggioranza radicato nel nuovo continente. Quanto a lui lo abbiamo ascoltato (senza accorgercene, confessiamolo) nei Sophia di Robin Proper-Sheppard.
The Zincs, quindi, nuova scommessa di una label che ha già tanta carne a cuocere – e ben assortita se date un’occhiata al roster (ma dovreste già saperlo, mica siete degli sprovveduti?!) – ma che non si tira indietro se c’è la possibilità di investire su qualcuno che si è appunto innamorato di vicende poco distanti dall’etichetta in questione, malgrado ci sia un’oceano a separare le due realtà e, come Zincs, un unico disco (‘Moth and Marriage’) che sfido chiunque, me compreso, ad aver ascoltato (edito da Ohio Gold – che è come dire vattelapesca o roba del genere…).
Tra il dire e il fare c’è stato di mezzo il mare, quindi, ma in senso tutt’altro che figurato: eccolo, “Dimmer”, e chissà che l’oceano non si estenda anche tra i brani, se non all’interno di alcuno di essi preso singolarmente. Come nel caso dell’iniziale ‘Breathe in the Disease’, che apre ricordando vagamente la ‘Something’ di George Harrison (con mellotron aggiunto) salvo sedersi su indolenti frequenze alt-country intrise di Lambchop e Giant Sand.
Dimensione quest’ultima che raramente verrà abbandonata nei restanti brani: “Dimmer” è un disco dal sound fortemente americano (anzi, Americana), che la calda e sensuale voce di Jim allontana ulteriormente tanto dalla spettralità propria della sua passata militanza quanto quanto da ciò che ci si può solitamente aspettare da un uomo d’oltremanica. Ma c’è un problema in questo disco, e lo trovate negli ultimi due nomi citati: troppo ingombranti per non togliere agli Zincs lo spazio necessario per intraprendere un percorso artistico di personale esclusiva. Al grande pubblico potrebbe tranquillamente non fregargliene di una cosa del genere, ma quello attento, presumo, difficilmente farà di loro i propri beniamini…
Autore: Bob Villani