di R. Curtis con P. S. Hoffman, E. Thompson, K. Branagh, G. Arterton
Con quarant’anni di ritardo anche noi – che non c’eravamo – possiamo a pieni polmoni urlare: “We love radio rock”. Urlare, sì. Perché se l’allegro bivacco dei pirati musicali era davvero quello descritto da Richard Curtis (Notting hill, Bridget Jones) allora siamo davvero di fronte al paradiso in terra. Anzi sull’acqua. Nel ’66, nel pieno del boom, un manipolo di corsari dell’etere guidati da un direttore stra-dandy trasmettevano rock’n’roll a tutte le ore (quando la Bbc al massimo due orette) stando rintanati su una nave a largo della costa inglese. Un “Radiofreccia” in salsa britannica, per fare un paragone possibile con precedenti italiani, ma disinquinato dalla depressione su terraferma descritta da Ligabue.
Pirati, amatissimi da 25 milioni di radioascoltatori, non solo ragazzine e freakkettoni, che una volta ogni sette giorni accoglievano le groupies a bordo per liberatorie lune di miele. Riempivano così, ululanti, l’ultimo tassello: rock’n’roll, droga e lot of sex.
Montato senza un frame di tregua, e girato con volteggi, anche aerei, mozzafiato, sceneggiato con acume (appena la faccenda si fa più seria, rinfresca tutto l’humour britannico meno paludato) e con attori che danno il massimo. Quasi tutti di medio livello e il segreto è questo. Il più impostato del cast è infatti il “vip” Philip Seymour Hoffmann (Truman Capote, Onora il padre e la madre) cui viene cucita addosso la parte dell’eroe, un personaggio più sagomato degli altri. “I love Radio rock” è un movie-soundtrack, uno di quelli in cui (Transpotting, Radio Freccia, Million dollar baby) la cui colonna sonora sarà ricercata almeno quanto il film: Procol Harum, Duffy The Turtles Martha Reeves, Beach Boys, Smokey, Jeff Beck, The Troggs, The Who e via schitarrando.
Opera tributo naturalmente e dunque coronata da una grandeur retorica sulla libertà giovane, anarcoide e anti-matusa (il Governo di sua maestà non tollera sboccati dj drogati). Assolutamente consigliata la visione. Lunga vita ai Capitan Harlock del rock’n’roll.
Autore: Alessandro Chetta