La storia dei Boyracer comincia all’incirca una quindicina di anni fa alla Sarah records, in pieno delirio indie quindi, all’incrocio tra il pop ed il punk. Da allora, nonostante diversi cambi di formazione, la mistura energica e melodica della band di Stewart Anderson è rimasta pressochè la stessa. Intanto egli fonda una sua etichetta, la 555 Records che ha ospitato anche nomi maggiori quali Kid 606, Third Eye Foundation e Hood (di questi ultimi lo stesso Stewart ne ha fatto parte agli inizi). L’iperattivo musicista e produttore fa di sé anche una one man band, Steward (che fantasia eh?) prima di incontrare Jen Turrell (sua la Red Square Records) che decide di sposare. Insieme continuano la lunga avventura Boyracer, al momento con la HHBTM che licenzia questo Happenstance, ovvero 23 canzoni per 37 minuti in cui i nostri danno un compendio della loro natura. E proprio in questi giorni che grazie a qualche fortunato ascolto di bands che guardano tanto indietro rifletto, più o meno, sull’eternità del pop, mi capitano questi Boyracer che nati e cresciuti nella Pixies-era, anche se dall’altra parte dell’oceano, nonostante e a modo loro già dei piccoli classici, mi risultano parecchio tediosi. Il motivo è presto detto: voler essere sempre ‘freschi’ a tutti i costi. Non si può mica avere l’adrenalina a mille per due decenni di fila? Si rischia di non essere credibili. Le solite tastiere sparatissime, bene in vista, le chitarre sapientemente fuzz e le vocine sussurrate lasciano il tempo che trovano e sanno di minestra riscaldata.
Autore: A.Giulio Magliulo