Venuti fuori dalla fertile scena underground della Motor City, nel volgere di neppure cinque anni i Paybacks si sono costruiti una solida reputazione e un nutrito seguito di fans sulle due sponde dell’Oceano Atlantico. Semplicemente grazie alla passione, all’intensità e alla forza emotiva della loro formula rock’n’roll che esplode letteralmente dal vivo. Guidati dalla biondissima e carismatica cantante/chitarrista Wendy Case (già in forza ai formidabili Ten High nella seconda metà degli anni ’90), dopo due album per Get Hip – “Knock Loud” (2002) e “Harder & Harder” (2004) – i quattro rocker della Motor City sono tornati in pista con un nuovo disco in cui la voce roca e potente di Wendy si sposa alla perfezione con il sound/marchio di fabbrica della band: rock’n’roll, influenzato dalla lezione del punk e spruzzato di hard nei solidi riff di chitarra.
Ma “Love, Not Reason” (Savage Jams) mostra anche un lato inedito dei Paybacks, una vena melodica e soul che nasce anche dal tema portante del disco: l’amore nelle sue mille sfaccettature. Ne abbiamo parlato a lungo con una loquace e simpaticissima Wendy Case.
E’ da poco uscito il vostro nuovo album “Love, Not Reason” e due grosse novità saltano subito agli occhi: avete cambiato batterista e casa discografica. Perché avete rotto con la Get Hip dopo due album molto ben ricevuti da critica e pubblico? E come mai Mike Latulippe ha lasciato la band?
Mike era pronto a ritirarsi. Dopo dieci anni con gli Hentchmen e quattro con noi, ne aveva viste di tutti i colori. In ogni caso siamo ancora ottimi amici. Per quanto riguarda l’etichetta, invece, era venuto il momento di mettere in piedi la nostra. Abbiamo avuto l’opportunità di creare la Savage Jams e avere una distribuzione più capillare di quanto ci avrebbe potuto assicurare Get Hip, e non ce la siamo lasciati sfuggire. E’ stato un buon affare, perché in questo modo i ricavi arrivano direttamente nelle nostre tasche…
Tra un album e l’altro sono trascorsi due anni. Cosa avete fatto nel frattempo?
Dan ha messo in piedi i Muggs, John ha suonato con gli SSM, mentre io sono rimasta sobria e ho scritto canzoni!
Il vostro nuovo disco “Love, Not Reason” è incentrato sul tema dell’amore. Il titolo ad esempio è tratto da una frase di Thomas Mann: “E’ l’amore, non la ragione, che è più forte della morte”. Possiamo considerare questo lavoro come un concept-album?
Odio ammetterlo, però è così. Può sembrare una cosa banale confessare che un album è tutto incentrato sull’amore, ma cos’altro c’è davvero? Questo disco è il risultato di un periodo della mia vita basato sul caos di un’importante relazione sentimentale. E nel disco c’è tutto: l’amore, il sesso, la perdita, lo sforzo di mandare tutto a quel paese e la realizzazione che nient’altro può soddisfare l’intensità di quel desiderio, rendendo tutto il resto inutile.
Quindi i testi del disco sono profondamente personali?
Tutti i testi sono intimi e personali. Sono basati su accadimenti reali, sia che io canti di una sbronza o di un cuore infranto.
Per alcuni il rock’n’roll senza compromessi e l’amore sono accesi dallo stesso carburante: la passione. Sei d’accordo?
Assolutamente sì. Ci sono due cose nella vita con cui non si può fingere: l’amore e il rock’n’roll. Un sacco di gente ci prova, ma la farsa non dura a lungo…
Tornando al disco, qual’è la tua canzone preferita di “Love Not Reason”, quella a cui ti senti più legata emotivamente parlando?
Wow! E’ la prima volta che mi fanno questa domanda! E’ difficile scegliere, ma credo di essere più parziale quando si tratta dei brani melodici: “Dumb Love” e “Bring It Back.”. Mi piace molto anche “Call When You’re Ready”: è ben più di una semplice e sexy jam alla vecchia maniera.
In questo disco, più che nei precedenti, emerge con forza il lato melodico dei Paybacks: canzoni come “Painkiller”, “Something Simple” e appunto “Dumb Love” e “Bring It Back”. E’ stata una scelta che avete voluto marcare o questi brani sono nati in maniera del tutto naturale?
Facciamo sempre ciò che ci viene naturale, nella nostra musica non c’è alcuna pianificazione. Picchiamo duro e tiriamo fuori ciò che ha senso. Il periodo in cui è nato il disco è stato abbastanza buio per me, un po’ duro. Ero anche abbastanza vulnerabile e credo che l’album lo rifletta bene. Del resto cerchiamo sempre di realizzare dei dischi onesti. Abbiamo troppo rispetto per i nostri fan per prenderli in giro.
Finora la tua voce è sempre stata potente e rauca, ma in alcuni brani di “Love, Not Reason”, in particolare su “Painkiller”, il tuo canto è puro soul. Non sapevo facesse parte del tuo background…
E’ un qualcosa che è sempre stato lì, fa parte del mio modo d’essere. Solo che finora non c’era mai stato un motivo per far emergere questa parte anche su disco…
Che mi racconti della vostra città, Detroit? La Motor City è sempre stata una fucina di talenti e anche negli ultimi dieci anni sono moltissimi i gruppi venuti fuori dall’underground: a parte gli ormai notissimi White Stripes, le Demolition Doll Rods, i Dirtbombs, i Soledad Brothers, i Go, le Sirens, solo per citare alcuni nomi… In che rapporti siete con le altre band di Detroit?
Ci sentiamo abbastanza vicini. Questo periodo è un po’ particolare perchè essendo quasi sempre in tour, quando torniamo a casa non andiamo più in giro per locali come un tempo Ma rimane comunque un ambiente abbastanza familiare.
Dopo cinque anni e tre dischi, riuscite a vivere di musica o avete altre occupazioni?
Quando sono a casa, ogni tanto lavoro come giornalista freelance. Ma per la maggior parte riesco a mantenermi con la musica…con il rock’n’roll!
Siete soddisfatti della carriera dei Paybacks o vi augurate un successo maggiore, di massa ?
Ti dirò: un po’ più di soldi non ferirebbero miei sentimenti né quelli di nessun altro nei Paybacks! Ma, complessivamente, sono molto soddisfatta del modo in cui stanno le cose. I Paybacks sono stati molto fortunati Abbiamo avuto l’opportunità di suonare, siamo fieri della nostra musica e felici di suonarla per i nostri straordinari fans. Saremo sempre grati per tutto questo.
A parte la musica, quali sono i tuoi interessi personali?
Amo le roulotte vintage. Il mio uomo ed io ne possediamo una del 1955. Ci piace caricarla, andarcene nei boschi e campeggiare come una coppia di eremiti.
Che tipo di musica stai ascoltando ultimamente? E cosa ascoltavi invece da teenager? Quali gruppi ti hanno influenzato da ragazzina al punto da farti desiderare di mettere in piedi una band?
In questo momento sto ascoltando parecchio gli album solisti di Steven Malkmus (dei Pavement, ndr) e una devastante rock-band della Carolina del Nord chiamata All Night. Da teenager invece ascoltavo gli Stones, i Cheap Trick, i Judas Priest, i Ramones, i Damned…tutto ciò che ti faceva pulsare il sangue nelle vene!
La vostra attività live é davvero intensa. Quali sono i posti in cui preferite suonare e quali quelli in cui ancora non siete stati in cui vi piacerebbe andare in tour?
La Spagna è sempre stata fantastica per noi. Questo è il motivo per cui ci torniamo spesso e volentieri. E ci piacerebbe suonare presto anche in Italia, Australia e Messico.
Avete condiviso il palco con tante band. Quali sono stati i vostri compagni di tour ideali?
Ci divertiamo sempre un sacco quando andiamo in tour con i Southern Culture On The Skids. Sono al tempo stesso dei grandi musicisti e anche molto divertenti. Lo stesso succede con i Supagroup. Recentemente siamo stati in tour con l’altra band di Danny, i Muggs. E anche in questo caso è stato uno spasso.
Suonare in una rock-band è un modo straordinario di comunicare ed entrare in contatto con la gente. Oggi anche la tecnologia (Internet, Myspace, ecc.) offre infinite possibilità per restare in contatto con i propri amici e fans. Che rapporto avete con la tecnologia?
Ne facciamo uso, certamente. Ci piace molto ricevere messaggi dai nostri fans e facciamo di tutto il possibile per restare in contatto con loro. E’ fantastico vivere in quest’epoca moderna dove ognuno può comunicare direttamente con un’altra persona. Molto diverso rispetto a quando io ero un’adolescente.
Quali sono i vostri progetti per il 2007? Verrete a suonare in Italia?
Speriamo di venire a suonare presto dalle vostre parti. Amo l’Italia: cibo fantastico, bella gente, città meravigliose. Per il momento suoneremo negli Stati Uniti in marzo, incluso al festival “SXSW” di Austin. Non vedo l’ora di scappare dalla neve!!!Autore: Roberto Calabrò
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