Lo spazio del carcere torna al centro di un capolavoro tutto italiano. Dopo aver ammirato Silvio Orlando in “Ariaferma” di Leonardo Di Costanzo, ora è Antonio Abruzzese a regalarci una testimonianza magistrale di profonda e immensa sensibilità umana e attoriale, dimostrando che non è necessaria la presenza di Toni Sevillo per fare di un film un buon film.
di Michela Aprea
Antonio (Antonio Albanese) è un attore qualunque, costretto a sbarcare il lunario dando voce a iperbolici amplessi altrui. Ansima con la dedizione di un medico della mutua senza scrupolo, simula con la foga di un martellatore, si vergogna da morire, mentre finge di essere un altro alla figlia lontana, in Canada; vive una vita solitaria e priva di empatia. La sua è una quotidianità grigia, fatta di un lavoro che è mera necessità, e fanculo all’arte e alla passione. La sua è l’esistenza di un uomo qualunque, incastonata ai margini del raccordo anulare, contrappuntata da un treno e un aereo, poco importa se in partenza o in arrivo, immersa nelle campagne di Ciampino.
Un tempo è stato un attore serio, di teatro. Poi la sua vita ha preso un altro verso. Non come quella di Michele (Fabrizio Bentivoglio), che è un attore impegnato e ha un teatro tutto suo. Ma è grazie a lui, o forse per colpa sua, che finisce nel mare magnum dei progetti ministeriali. Poche risorse, per fare poco o nulla, a parte consolidare rapporti, costruire o distruggere carriere. È così che Antonio viene convocato tra le mura del carcere di Velletri per inventarsi un corso di recitazione di appena 6 ore.
Il penitenziario diventa, così, lo spazio entro il quale Antonio pratica l’umanesimo dell’arte teatrale, lo spazio in cui riscrivere le vite, inventare, manipolare, confliggere, amare, simulare. Si ritroverà di fronte a un manipolo di sconosciuti, senza arte né parte, ma dopo di tutto esseri umani, in barba all’opera di rieducazione carceraria. Riuscirà a creare una breccia entro cui far attecchire le radici di un rapporto fragile, sterile, eppure esiziale. Sullo sfondo l’attesa. Attesa che il miracolo dell’incontro si compia, che il singolo smetta di essere sé e possa aprirsi e farsi gruppo.
Il regista Riccardo Milani mette in scena il viaggio di Antonio e dei suoi sodali, un’armata su cui nessuno avrebbe mai scommesso un soldo bucato e che invece si fa a suo modo compagnia, pur senza illudersi di essere in quanto tale catarsi, mutamento, cambiamento. Ed Antonio Albanese riesce a regalarci una testimonianza magistrale di profonda e immensa sensibilità umana e attoriale dimostrando che non è necessaria la presenza di Toni Servillo per fare di un film un buon film. Lo spazio del carcere torna così a farsi teatro di un capolavoro tutto italiano e il cinema il luogo dove ancora si può fare servizio pubblico, parlando di temi giganti, forse anche divisivi, eppure essenziali. Certo, Riccardo Milani non è Leonardo Di Costanzo, lui ha preferito la strada della comicità, del popolare come forma di espressione artistica, ma la sua è una regia sapiente, che riesce con sensibilità a mettersi al servizio di un attore, Albanese, che fin dai tempi di Giorni e Nuvole di Silvio Soldini dimostra che è nei ruoli drammatici ad esprimere il meglio della sua arte attoriale.
Impossibile non empatizzare con il suo Antonio e la coppia Albanese – Sonia Bergamasco, dopo la “parentesi delle tangenziali” ( Come un gatto in tangenziale e il suo sequel) sempre guidate da Milani, si rivela una combo convincente, simpatica, affiatata. Liberamente ispirato ad una vicenda reale, negli anni 80 l’attore teatrale Jan Jönson mette in scena Aspettando Godot di Samuel Beckett con una compagnia di cinque detenuti in un carcere di massima sicurezza. Lo spettacolo impressiona tanto il maestri da indurlo a regalare ai detenuti di Kumla, questo il nome della casa circondariale, i diritti del testo. Nel 2005 la vicenda viene raccontata dal documentarista Michka Saal dal titolo Les prisonniers de Beckett. Nel 2020 sarà Emmanuel Courcol a narrarla in Un triomphe. Milani fa il testo suo insieme a Michele Astori, prendendo spunto quell’evento per restituirci però un affresco delicato e mai didascalico sul senso dell’umano e della libertà.
GRAZIE RAGAZZI
Regia: Riccardo Milani
Attori: Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Vinicio Marchioni, Giacomo Ferrara, Giorgio Montanini, Andrea Lattanzi, Nicola Rignanese, Imma Piro, Gerard Koloneci, Liliana Bottone, Bogdan Iordachioiu, Fabrizio Bentivoglio
Paese: Italia
Durata: 117 min
Distribuzione: Vision Distribution
Sceneggiatura: Michele Astori, Riccardo Milani
Fotografia: Saverio Guarna
Montaggio: Patrizia Ceresani, Francesco Renda
Musiche: Andrea Guerra (II)
Produzione: Palomar e Wildside, società del gruppo Fremantle, con Vision Distribution