C’è qualcosa con cui b-boys, djs e trafficanti dance-elettronici prima o poi devono aver a che fare: il reggae. Oltre che come imprescindibile fonte di samples, nei suoi bassi (minchia!) e nelle sue cadenze (parliamo più propriamente di dub, allora?), il reggae è una vera e propria lezione di stile, storia, conoscenza, a prescindere dal retroterra culturale/comportamentale (credo rasta e ganja in testa).
Vanno perciò affermandosi, soprattutto in Gran Bretagna – naturale approdo degli immigrati giamaicani –, ibridazioni reggae-hop capaci di smuovere i già labili tracciati interni delle varie fattispecie clubbistiche. E’ questo il caso dei Lotek Hi-Fi, quartetto londinese su Big Dada (sussidiaria della Ninja Tune – l’hip hop, astratto e dal broken beat, è all’angolo, neanche dietro di esso) soldificato tanto dal lavoro per Roots Manuva (è il caso di Wayne Bennett) che dalla discendenza da Jack Radics (è il caso di Earl J, laddove suo padre, primattore della dancehall in quel dell’isola caraibica, ha lavorato con Chaka Demus & Pliers).
“Lotek Hi-Fi EP” è una tesi di stretta integrazione tra le due componenti in esame, molto più di un semplice sconfinare ora da una parte ora dall’altra. Il diaframma tra l’ipnotico flusso vocale del reggae e l’MC-ing vero e proprio viene aggirato con una semplice accelerata sulle battute, mentre, sul piano sonoro, l’assortimento è dei più vari: lenta narcolessia quasi-blues (‘Inner Storm’), incalzante frenesia disco-ragga (‘Percolator’ – occhio ai dettagli: ragga – le Indie stavolta sono quelle orientali), rap melmoso (‘Lo-fi Rocka’), dancehall stilosa (‘Different Style’), electro vibes (‘Hey Yeah Yeah’, l’iniziale ‘Voodoo Boogaloo’), dub bollente (la conclusiva ‘See It Coming’), ipnotismo esotico (‘Under My Bed’), breakbeat e fiati (‘Ah You Dat’). Ce n’è per un album intero, se non di più.
Autore: Bob Villani