“Per un artista i singoli sono una liberazione. Puoi essere qualsiasi cosa per due canzoni e la volta successiva puoi essere qualcos’altro di totalmente diverso”. Riassunta in due battute, ecco la filosofia del geniale Mick Collins. Che ci svela l’arcano della parca produzione dei Dirtbombs sul lungo formato (solo tre album, peraltro eccellenti), ma ricchissima sul versante dei sette pollici. Del resto, il re nero della Motor City ce lo aveva detto tempo fa: per lui, il “vero suono dei Dirtbombs si trova sui singoli!”. Non sorprende quindi che In The Red, etichetta storica della formazione detroitiana, abbia pensato di raccogliere in un unico disco quel materiale sparso su piccoli pezzi di vinile, stampati in poche copie per le più svariate label e ormai difficilmente reperibili.
Il risultato è una sontuosa antologia che contiene ben 52 canzoni e fotografa lo spirito e l’attitudine di una delle rock’n’roll band più influenti ed eccitanti di questi ultimi anni. Diviso su due CD (il primo con pezzi originali, il secondo esclusivamente di cover), “If You Don’t Already Have A Look” è un concentrato dello spirito iconoclasta che anima i Dirtbombs. Che in un pezzo ci regalano una rasoiata r’n’r (“The Sharpest Claws”) e nel successivo un perfetto riff garage-punk (“Stuck under my shoe”, “Cedar Point ‘76”), che passano da divertissement da studio (“They hate us in Scandinavia”) a brani appena abbozzati (“Pray for pills”), dal rumorismo puro (“I’m saving myself…”) a episodi dalle inconsuete venature pop (“Here comes that sound again”) o folk-oriented (“My last Christmas”).
Discorso a parte va fatto per il secondo CD, in cui i Dirtbombs riservano il loro personale trattamento – fuzzato e scarnificante – a brani altrui, diversissimi per ispirazione e contenuto: dai Cheater Slicks di “Possession” ai Bee Gees di “I started a joke”. In mezzo ci sta un universo musicale (Smokey Robinson, Rolling Stones, Gun Club, ma anche Soft Cell, Yoko Ono e misconosciuti gruppi di mezzo mondo) che solo una band straordinaria come quella guidata da Mick Collins può permettersi di passare in rassegna con tale nonchalance, affiggendo sopra il proprio inconfondibile marchio sonoro
Autore: Roberto Calabro’