Ci sono “storie” musicali che, finchè in vita, riescono in qualche modo a guadagnarsi il “pass” per una fama vita natural durante, che si esplicita tanto nelle preferenze dei fans quanto nelle citazioni di artisti “posteri”. Quanto, ancora, nel diritto, per i protagonisti di tali storie, di utilizzare la scia creata per dar vita a nuove avventure, stilisticamente omologhe o meno che siano alle precedenti. Ecco quindi il pullulare, nell’odierno panorama, di band piene zeppe di celebri “formerly of” che, il più delle volte, fa piacere risentire. Anche perché nessuno ha ancora fissato un’età pensionabile. Bisogna avere però il coraggio di tagliare, non tutti, ma almeno qualche ponte con il passato. E vale anche per chi ascolta.
I Battles cadono a proposito in uno sproloquio del genere. Sentite qua: Ian Williams, chitarra per Don Caballero e Storm and Stress; John Stanier, già al drumkit di Helmet e – ancora – nei Tomahawk; e, leggermente in secondo piano nelle cronache, David Konopka (Lynx) e Tyondai Braxton. Verrebbe quasi voglia di non ascoltarli, paradossalmente, dando per scontato che il progetto funzioni come tali esperienze pregresse dovrebbero promettere. E invece, valga sempre la regola aurea dell’ascolto. Solo così si evita di prortarre alle calende greche qualcosa che invece è giusto resti circoscritto ai propri naturali “territori”. “EP C” è il classico topolino partorito dalla montagna, a edificare la quale concorre anche la tastiera post-live show insanguinata che accoglie il visitatore all’ingresso del website della band. Minchia, quanto ci daranno dentro questi?
Poco, decisamente poco. Concettualmente i Battles possono rappresentare anche un discreto passo avanti nell’opera di tessitura di rock muscoloso e utilizzo “intelligente” delle tastiere (un tema abbastanza ricorrente da qualche tempo), ma, svaporate le implicazioni più “astratte”, sul fondo del contenitore di questa ideale “soluzione” restano delle intuizioni di cui non si intravede il compimento. Il sofisticato marchingegno electro-math di chitarre batteria basso e tastiere ricorda una interminabile partita a scacchi in cui nessuno intraprende la mossa decisiva perché essa entri veramente “nel vivo”, un frenetico avanti e indietro che però, dall’inizio alla fine, non sposta di un centimetro il “baricentro” del sound, coi brani che restano lì, frustrati da infinite false partenze, senza mai decollare. Forse interverrà un secondo EP con il “cuore” di questi 5 brani, e magari un terzo con le conclusioni, chissà (potrebbe essere l’idea che il music business aspettava – musica a puntate, vi piace?).
Per ora abbiamo solo “EP C”, però, le cui “finte e controfinte” sonore, visti gli esiti, hanno almeno il pregio (in quanto, appunto, EP) di non durare granchè. Di liberatorio rimane solo ciò che l’ascoltatore rivolgerebbe, se potesse, ai diretti interessati: “quando c…. vi decidete a partire?!”.
Autore: Bob Villani