Da Bergamo i Fiub finalmente esordiscono, dopo una travagliata gestazione, con questo disco dal titolo strano e dalle componenti sonore molto heavy, profondamente ispirata all’hard blues americano e allo stoner tradizionale.
Gestazione travagliata, dicevo: i Fiub partirono come quartetto, ma durante l’incisione di questo Ciubirismeicheuan – durata un intero anno – si sono lacerati e sfaldati riducendosi a duo, che pare abbia voluto portare a termine il lavoro a qualunque costo, credendoci fino in fondo.
Gabriele (chitarra, voce) e Pier (batteria) non hanno la vocazione psichedelica tanto in voga di recente (Comets on Fire, Ufomammut) e tipica, ad esempio, dei conterranei Verdena, coi quali dividono talvolta il palco e dei quali rappresentano ad ogni modo un alter ego in lingua inglese; con la loro musica cercano di ritornare agli assalti mozzafiato e immediati carichi di riff – ‘1st Lady’ e ‘Pipou’ sono deflagranti – e ai mega boogie chitarristici di stampo blues stradaiolo – ‘Suicide Booth’ – che accosterei a quelli di Unida, Fu Manchu, un po’ anche Queens of the Stone Age.
Non si spiega la scelta di bluffare riguardo la durata dei pezzi: alcune canzoni dei Fiub durano anche il doppio del tempo riportato sul CD, poichè montano sul finale delle lunghe code strumentali o reprise non calcolate, che per me sono i momenti più gustosi e denotano qui davvero una netta similitudine coi Verdena.
La produzione del disco è discreta e superiore ad ogni modo a quella di gruppi stoner anche più affermati, malgrado in questo genere di musica le scelte a tavolino non siano mai decisive quanto due buone birre prima di accendere gli ampli.
Unica tiratina d’orecchi, infatti: con questo primo outtake dopo l’EP di 2 anni fa i Fiub hanno preferito non sfidare troppo le consuetudini riguardo pulizia del missaggio e suoni, ma almeno confido che con ‘Ciubirismeicheuan’ come biglietto di presentazione riusciranno a ottenere parecchie date live in giro per l’Italia; è solo che avrei preferito ancor più immediatezza: avrei preferito, insomma, che incidessero qulacosa di più simile ad un loro concerto…
Autore: Fausto Turi