Il paese è reale: a ricordarcelo non è la triste notizia del tiggì di turno, ma una compilation con al suo interno il meglio della musica indipendente italiana.
“Diciannove artisti per un paese migliore?”, questo l’interrogativo che già in copertina si pone all’ascoltatore. Ma se è vero che la musica non cambierà nessun paese – tantomeno un paese che non vuol essere cambiato – è pur vero che il risultato che si presenta è quello degno di una nobile intenzione: un bel disco che suona con voci e note diverse.
A fare gli onori di casa gli Afterhours che stavolta ci hanno messo davvero la faccia. Fresco d’uscita dalla 59esima edizione del Festival di Sanremo col brano che da il titolo alla raccolta, il gruppo di Manuel Agnelli ha fatto il proprio ingresso in società in nome del bene comune. Sconfiggere l’anonimato per aprire gli occhi – e le orecchie – al grande pubblico. Un discutibile intento che facilmente farà storcere il muso anche ai fan più affezionati. Una strategia di marketing che per alcuni non calza poi così bene ad una rock star.
La Fnac come circuito di distribuzione, 9.90 euro il prezzo di vendita. Sì, stavolta si parla di un progetto pensato e realizzato con lo scopo di arrivare laddove non si era arrivati sinora; la nazione che soffre il pretesto per agire. Ma che nessuno si preoccupi, ne “Il Paese è Reale” non ci si piange addosso. Diciannove artisti hanno detto la loro, ognuno a modo proprio, regalandoci diciannove potenziali singoli.
Come in un grande – e ben riuscito – festival (vogliamo chiamarlo il Tora! Tora! su disco?) gli artisti si danno il cambio su un palco più grande del previsto. Dall’amore di Paolo Benvegnù all’ironia di Dente, dalle parole che bruciano di Marco Parente a quello che si è detto degli A Toys Orchestra. Dagli effetti sonori dei Calibro 35 e Zu, allo scarso peso della morale di Cesare Basile; dalle grida che cercano silenzio de Il Teatro degli Orrori alla pace di Roberto Angelini.
Passando per una canzone sulle cose come stanno dei Mariposa, per la carovana di Marco Iacampo, per il mercoledì dei Marta Sui Tubi, per le chitarre dei The Zen Circus, le bugie dei Settlefish, il ritmo di Beatrice Antolini, la ballata di Amerigo Verardi e Marco Ancona, per il gigante dei Disco Drive.
Insomma, “Il Paese è Reale” non è solo un biglietto da visita, meglio pensarlo come uno specchio che riflette la scena musicale del Bel Paese. Una zoomata sulla gente che va ai concerti e non una media degli ascolti televisivi (in quanti hanno tenuto a bada il telecomando nei giorni sanremesi?). E se l’intento di richiamare pubblico non dovesse essere portato a termine, poco male. Ci resta un bel disco e il coraggio di chi ne ha preso parte.
Autore: Micaela De Bernardo
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