Per il loro quarto e ultimo album Kingdom of rust la band inglese del Cheshire composta dai fratelli Jez Williams (chitarra), Andy Williams (batteria) and Jimi Goodwin (basso, voce e chitarra) si è avvalsa del solito Dan Austin, ma anche di John Leckie (ex produttore Radiohead) e vi fa una comparsa nel pezzo 10.03 come arrangiatore anche Tom Rowlands dei Chemical Brothers.
L’effetto complessivo si sente e forse Kingodm of Rust viene fuori come l’album migliore della band, certamente il più coraggioso ed esplorativo, anche se non c’è rinuncia alle melodie di chitarra che sono il loro marchio di fabbrica.
Jetstream, la prima canzone, è forse anche quella più innovativa, presentandosi come connubio di elettronica pura e lirismo vocale, mentre già con la title track Kingodm of Rust si ritorna alle più classiche linee di chitarra. Ma il pezzo non per questo perde interesse, configurandosi anzi come forse la canzone più bella dell’album, intensa, dolorosa e bellissima.
L’album scorre ancora più che bene con The Outsiders, buon pezzo rock, e poi con la dolce e solare Winter Hill, che azzecca un sound tipico da singolo di sfondamento, poi prosegue con la più convenzionale 10.03, che ricorda da vicino lo stile Coldplay, ma con un crescendo sorprendente nella conclusione che sterza citando i Radiohead. Si ritorna al rock compatto di The Greatest Denier, alla lenta e melodica Birds Flew Backwards, la semiacustica Spellbound che cita di nuovo i Coldplay, fino ai pezzi conclusivi dove si recupera ritmo con il basso prepotente di Compulsion, la grintosa House of Mirrors e la bellissima Lifelines.
Complessivamente, l’album è talmente bello e ben confezionato da avere il sound senza tempo di un classico, anche se le sonorità sono palesemente figlie del rock targato fine ’90 e inizio millennio.
Registrato di nuovo in una fattoria/studio come il precedente Some Cities, il disco guadagna tutto quel che c’è da guadagnare dall’atmosfera di isolamento e dalla lontananza dai classici studi di registrazione e dalle pressioni dei discografici, ed è veramente una perla di fattura inedita per una band come i Doves.
Si tratta sempre di pop-rock, ma i livelli sono alti come le emozioni che questo disco è capace di comunicare.
Autore: Francesco Postiglione