Solo apparentemente la musica di Matt Elliott può essere classificata sotto il genere post-folk,: è vero che lo strumento protagonista è la chitarra non amplificata, ma capita spesso, almeno nei pezzi di Howling Songs, l’ultimo album, che chiude una trilogia solista costituita da Drinking Songs e Failing Songs, che sia addirittura una chitarra classicheggiante e spagnoleggiante, come già nella track iniziale, bellissima, The Kübler-Ross Model, o in The Broken Flamenco, che cita esplicitamente il riferimento alla musica popolare spagnola.
Il percorso di Elliott in questi tre album consiste nell’aver progressivamente abbandonato le esperienze elettroniche e sperimentali post-moderne con i Third Eye Foundation, Amp, Flying Saucer Attack, ed essersi concentrato sulla composizione pura, recuperando non pochi aspetti della sua formazione classica. C’è ancora qualche effetto delay o qualche fondo elettronico nelle Canzoni Ululanti, ma il repertorio in cui Elliott pesca a mani piene è quello della tradizione popolare e classica, e quindi si presenta al pubblico come cantautore più che anomalo.
Il risultato, condito da una voce profonda e tenebrosa, è certamente un album difficile, sapiente, denso di sfumature e significati, un concept work ben gestito anche nelle copertine e nel graphic style, ma forse un po’ troppo alieno dai circuiti tradizionali per farsi completamente apprezzare.
Elliott in questi tre album si fa narratore-cantore, con tono disperante e cupo, e le sue da canzoni diventano vere e proprie liriche da giullare, voce universale che narra dei tormenti interiori.
C’è molto da apprezzare in componimenti come How Much in Blood, o The Howling Song, con l’ululato triste di cori maschili che caratterizza anche nel titolo il pezzo, o nella dolce Song For a Failed Relationship, dove il tentativo di farsi cantore sfiora l’imitazione pura dei componimenti giullareschi medievali.
C’è da dire che l’esperienza in Francia e Spagna non può non aver influenzato la musica di questo autore originario di Bristol, ma qui più che esperienza di vita si tratta di vera e propria ricerca musicale delle radici europee, per le quali il coraggioso Matt si è sentito disposto a sacrificare la sua originale formazione punkeggiante e elettronica.
Il difetto che si fa sentire è magari l’insistita ricerca, quasi disperata, di un’ispirazione di altri tempi che sono ormai passati, che si traduce in una certa ripetitività dello stile e in un’assenza quasi totale del ritmo. Ma è un sacrificio che Elliott fa consapevolmente dedicandolo alla sua piuttosto tormentata ricerca interiore e musicale.
Autore: Francesco Postiglione