In un’epoca di sovraesposizione digitale, le apparizioni di Tom Waits sono sempre un evento. Non un semplice cameo, ma un presagio, un sussurro graffiato che buca il rumore di fondo. E quando questo evento avviene per un docufilm italiano della RAI sul dramma dei senzatetto nel Sud degli Stati Uniti, la cosa diventa ancora più significativa.
The Human Factor, prodotto da RAI3, ha chiuso il suo ciclo lo scorso febbraio con un episodio, “The Last Ride”, che è già leggenda per i pochi, fortunati iniziati. Al suo interno, il Sommo Sacerdote del blues delle bettole e dei sogni infranti non si è limitato a comparire. Ha donato due parti di sé: ha letto la sua poesia Seeds on Hard Ground e, con un gesto ancor più raro, ha rilasciato una performance per la docu-serie.
Ora quel frammento di pura alchimia è disponibile sul tubo. Stiamo parlando di “Tom Traubert’s Blues“, un inno laico del 1976 che non invecchia mai, anzi, si carica di nuova, straziante potenza quando calata nel contesto dell’emarginazione estrema. Il video (che trovate qui sotto) è preceduto dalle parole dello stesso Waits, 75 anni di vita grattati sulla corda di un’anima sensibile.
“Se vivi per strada“, riflette, “noi che viviamo nell’abbondanza dobbiamo pensare a come dev’essere arrivare all’ultimo dollaro, all’ultima tazza di caffè, all’ultimo paio di calze asciutte“. Poi, la quintessenza della sua poetica: “Forse è solo che alcune condizioni, alcune situazioni, sembrano aver bisogno di una canzone apposta“.
È la dichiarazione di poetica di un artista che ha sempre cantato le esistenze ai margini. Mentre il clip sfuma verso le note del piano, Waits aggiunge un pensiero che è un pugno allo stomaco: “I fatti, i dati e le statistiche sono una cosa, ma a volte una poesia contiene le parole che sono cadute dalla pagina, proprio come le persone che sono cadute dal marciapiede“. E svela l’origine del brano, nello slang australiano “waltzing matilda”, quel “vagabondare con tutti i propri averi sulle spalle” che è l’emblema stesso del nomadismo forzato.
“Tom Traubert’s Blues” è da sempre una colonna portante del suo Small Change, un brano che mescola il folk australiano di “Waltzing Matilda” con le visioni notturne di Los Angeles e Copenaghen. Ma qui, ora, non è più solo una canzone. È un atto di solidarietà artistica, un tentativo di dare un volto umano a un’emergenza sociale.
Waits, da sempre schivo rispetto alle questioni pubbliche dirette, ha chiarito il suo ruolo in una dichiarazione passata: “Sono un individuo profondamente preoccupato dalle ingiustizie, come tutti noi, ma impreparato a risolverle. Racconto il mondo nell’unico modo che conosco: attraverso la mia musica. […] Tutto ciò che posso fare è cercare – attraverso canzoni e poesie – di ispirare qualcuno. Sono qui per aprire la finestra e aprire i nostri occhi“.
E in questo docufilm italiano, quella finestra si spalanca su un panorama di umanità dolente, osservata attraverso lo sguardo unico di un poeta. Per chi volesse immergersi completamente nell’esperienza, l’episodio integrale è disponibile in streaming gratuito su RaiPlay. CLICCA QUI
Nel frattempo, il nostro erede di Captain Beefheart e dei fantasmi di Bukowski non si ferma. Presto lo rivedremo sul grande schermo nel nuovo, attesissimo film di Jim Jarmusch, Father Mother Sister Brother, nel ruolo del padre di Adam Driver. Un altro personaggio enigmatico,
http://www.tomwaits.com/

































