La sua voce mi ammalia. Ogni volta che la si sente si cade quasi in un senso di trance. Lei è Ginevra Di Marco e credo che non abbia bisogno di presentazioni. Lei, che fino a qualche tempo fa era l’ altra faccia della medaglia su cui era raffigurato anche Giovanni Lindo Ferretti. Voce storica e personalità importante della storia del rock italiano, sbocciata e conosciuta proprio grazie ai CSI prima e ai PGR poi, e vincitrice di diversi premi tra cui il “Tenco”. Lei che ha voluto e saputo reinventarsi, anzi, a essere precisi, più che reinventarsi ha sviluppato un preciso percorso musicale sfociato nella tradizione popolare internazionale. Col progetto Stazioni Lunari, incrocio tra teatro e musica messo su dal compagno e musicista Francesco Magnelli, sempre alla ricerca di nuove esperienze musicali, la Di Marco ha potuto sempre più spaziare in quell’ambito, abbandonando il socialpolitik-rock, per andare a scavare, appunto, nei repertori tradizionali che, a loro modo, in fondo, sempre politici sono. “Per fortuna e per caso ho incontrato la bellezza dei canti popolari e tradizionali” dice la Di Marco, e così nasce “Stazioni lunari prende terra a Puerto Libre” (RadioFandango), dove per Puerto Libre si intendono quelle “province trasformate per caso e per decreto negli unici luoghi che potevano essere abitati senza pregiudizio dagli oggetti più strani, da ogni tipo di mercanzia (…). Luoghi unici le cui caratteristiche le facevano assomigliare solo a se stessi”.
Insomma quest’album della Di Marco (accompagnata, oltre che da Magnelli, anche da Andrea Salvatori e Marzio Del Testa) è un giro del mondo musicale dove la sua voce diventa sempre più protagonista, dovendo affrontare le musiche più disparate. Curiosamente, leggendo i ringraziamenti, si può anche capire perché quest’album suona così, sembrano credits più che ringraziamenti; Cisco, Teresa De Sio, la Donà, la Magoni, Erriquez, Sepe, Andrea e Luca dei Tetes de Bois e tanti altri compagni di viaggio.
Con arrangiamenti nuovi ma senza orpelli inutili (“pianoforte, una batteria al minimo, una chitarra acustica una classica e uno tzouras, una voce, più voci. In tutto quattro”), Ginevra e i suoi compagni di viaggio ci fanno scoprire bellezze più o meno conosciute, tra canti di ribellione e filastrocche toscane, ringraziamenti alla vita e inviti, siciliani, a non lamentarsi.
Si spazia dal sud Italia con le siciliane “Malarazza”, “Amara terra mia” e “Amuri”, al Cile di Violeta Parra con “Gracias a la vida”, la Resistenza greca di “Saranta Palikaria”, la taranta de “Il canto dei Sanfedisti” e quando canta “Les Tziganes” si sente l’amicizia con i Tetes de Bois e ancora Bretagna, i Balcani, il Messico.
Ginevra Di Marco è una delle voci e delle artiste più raffinate che abbiamo e con quest’album lo dimostra, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno.
Autore: Francesco Raiola