Quando arriva la gente si sente meglio. Parafrasando il loro penultimo lavoro (la virgola a discrezione la metto dopo “arriva”) esprimiamo il piacere che proviamo a ogni uscita di un nuovo lavoro dei Numero 6. Un piacere misto a un’epifania, se questo lavoro prevede la firma anche di Enrico Brizzi – non ce ne voglia, ma è la nostra adolescenza che è stata maggiormente colpita dai vari “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, “Bastogne”, “Tre ragazzi immaginari”. E se questi libri erano legati alla musica, che ne pervadeva titoli e testi, i suoi ultimi lavori la musica la usano per diventare altro, mutare e arricchire la nostra possibilità di percezione, soddisfando l’udito oltre alla vista. Il suo ultimo lavoro “Il pellegrino dalle braccia d’inchiostro” si è avvalso appunto della collaborazione dei Numero 6 che, come detto da più parti è uno dei migliori gruppi pop che abbiamo in Italia e che, grazie a una collaborazione importante come quella di Bonnie “Prince” Billy nell’ep precedente è arrivato anche sulla bibbia indie Pitchfork.com!
Una collaborazione che non è nata all’improvviso dato che Brizzi aveva già firmato un brano “Navi stanche di burrasche” nel succitato ep e che ha visto i nostri accompagnare dapprima Brizzi nelle sue letture pubbliche, per poi tirarne fuori un vero e proprio album in cui lo scrittore è stato parte attivissima ricoprendo il ruolo di cantante e riscrivendo interi brani del libro “adattandoli alle esigenze dei brani che abbiamo scritto” dice Bitossi, uno dei due Numero 6. Un lavoro che va oltre il reading, quindi, e si sviluppa in un caleidoscopio di generi che anticipano anche quello che sarà il prossimo album a nome Numero 6. Anzi i nuovi album, dato che “i nuovi dischi saranno addirittura due e usciranno a breve distanza l’uno dall’altro”. Ma con Bitossi abbiamo discusso anche del lato “sporco” della musica, ovvero quello del mercato, dato che i Numero 6 sono uno dei pochi gruppi di un certo livello a dare la possibilità di scaricare tutti i propri lavori in free downloading dal loro sito anche perché Bitossi ne è convinto, il loro “core business è e sarà sempre il live”.
Come è nata l’idea di questo disco?
La collaborazione con Enrico ha avuto inizio in occasione del nostro ultimo disco, l’ep “Quando arriva la gente si sente meglio”, del 2008. Per l’occasione lui ha scritto lo splendido testo del brano “Navi stanche di burrasca”. Visto l’ottimo feeling artistico che si è creato tra di noi ci è parso naturale proseguire il sodalizio. Enrico, non nuovo per altro a esperienze musicali, ci ha proposto di lavorare alla “sonorizzazione” del suo libro “Il pellegrino dalle braccia d’inchiostro”. Noi abbiamo subito accettato rilanciando con un’idea un po’ diversa e, credo, sicuramente avvincente per quanto rischiosa: la realizzazione di uno show prima e di un album poi fatto di canzoni vere e proprie, in cui lui avrebbe dovuto ricoprire in un certo senso il ruolo di “cantante”, non di scrittore che porta in giro un reading musicato. Saremmo dovuti essere una vera e propria band. Questo ci intrigava e questo è stato. Devo dire che lui si è dimostrato da subito entusiasta e i risultati mi pare che ci abbiano dato piana ragione.
Come vi siete divisi il lavoro con Brizzi, nella scrittura testi e nella musica?
Enrico ha approcciato il progetto in maniera a mio avviso davvero interessante. Non si è limitato a scegliere dei passi dal romanzo, ma li ha letteralmente riscritti per l’occasione, adattandoli alle esigenze dei brani che abbiamo scritto. Ci sono strofe, ritornelli, bridge, ossia stilemi classici delle canzoni pop rock e lui ha pienamente tenuto conto di questo. Sta qui, credo, la forza e la peculiarità dell’album. Quanto a me, che sono l’autore di tutti i brani tranne uno, scritto dal mio talentuosissimo compagno di avventura nonché grande amico Stefano Piccardo, ho scritto le liriche delle parti cantate con l’intento di sintetizzare nei pochi versi che avevo a diposizione il mood di quello che Enrico narrava nel suo declamare in maniera fortemente emozionale, interpretando anche alcuni dei personaggi del libro con repentini cambi di registro vocale. Ci tengo poi a sottolineare che, per quanto io sia come ho detto il principale autore delle canzoni, tutta la band ha contribuito in maniera sostanziale alla stesura delle stesse fornendo idee e imput fondamentali.
Come avete fatto a entrare nella scrittura e nel viaggio, in questa storia di Brizzi?
Innanzi tutto abbiamo banalmente letto il romanzo con attenzione cercando di entrare il più possibile nelle atmosfere create da Enrico e annotandoci quelli che secondo noi potevano essere i punti salienti da estrapolare per riuscire a raccontare la storia in un concerto e in un disco. Fortunatamente i brani che ha scelto Brizzi coincidevano coi nostri per cui tutto è stato piuttosto semplice. I racconti di Enrico, veri e propri “backstage” del romanzo, ci hanno poi aiutato non poco a completare il quadro. Tirate le somme abbiamo scelto di puntare su un sound molto energico, post punk, a tratti noise rock. E’ stata un’esperienza molto liberatoria per noi dal punto di vista prettamente musicale. Era da tempo che volevamo fare una cosa così rock. Il suono di questo disco ci è piaciuto a tal punto che abbiamo deciso che anche il prossimo album dei Numero 6 seguirà questa scia.
In che senso?
Sarà un disco molto suonato e parecchio immediato. Senza rinnegare nessuna delle scelte passate questa volta opteremo per un suono più scarno, più viscerale. La sfida sarà riprodurre in studio lo spirito dei nostri concerti. Ti accenno comunque che i nuovi dischi saranno addirittura due e usciranno a breve distanza l’uno dall’altro.
Bene. Tornando a quest’ultimo, invece: qual è la differenza tra un disco “normale” e il bisogno di doversi muovere su un concept, o comunque una storia, anche a livello musicale…
Come accennavo in precedenza la cosa che reputo interessante di questo disco è che fin da subito non abbiamo approcciato ad esso come di fronte a un concept. Voglio dire, è chiaro che “Il pellegrino” sia un concept, perché nel disco si racconta una storia dall’inizio alla fine. Il fatto è che noi, come band, abbiamo pensato a scrivere undici canzoni eterogenee, immediate, potenti. Proprio come se stessimo realizzando un disco “normale”. Questo perché non ci interessava molto limitarci a essere una tappezzeria sonora al reading di Enrico, né lui voleva una cosa del genere. Protagoniste dovevano essere le canzoni.
Ecco appunto e voi vi siete divertiti molto a spaziare tra i generi più disparati (momenti più pop, altri più rock, psichedelia…)
Esatto. Come ti dicevo non ci siamo posti dei limiti. Abbiamo agito d’istinto, dando sfogo da un lato a ciò che ci suggerivano i diversi momenti della storia dall’altro assecondando le diverse ispirazioni del momento. Il fatto di essere lontani da ogni pressione e liberi di poter spaziare ci ha aiutato molto.
Tornerà a trovarvi Will Oldham in questo nuovo album? O comunque sarà una collaborazione che continuerà in futuro?
Non so, chi lo può dire? Quella è stata una collaborazione senza dubbio interessante sotto tanti punti di vista. Insieme a Will abbiamo dato nuova vita a un brano che ci ha consentito un’esposizione davvero molto importante sia in Italia che all’estero. Il disco è stato infatti recensito dalle più importanti webzine mondiali, tra le quali per esempio Pitchfork, che ne ha parlato in maniera entusiastica e ci ha molto aiutato a raggiungere il sorprendente risultato di quasi diecimila download del disco.
I vostri album sono tranquillamente scaricabili dal vostro sito, come il “Pellegrino dalle braccia d’inchiostro” d’altronde. Come vi rapportate il free downloading e allo downloading illegale?
Abbiamo optato per questa strada con una certa naturalezza, pienamente consci di come stanno andando le cose. Di fatto, per una questione meramente anagrafica, siamo tutti legati al disco come oggetto fisico, sia esso vinile che cd, per cui non può che dispiacerci che questi supporti stiano viaggiando velocemente verso un’inevitabile estinzione. Tuttavia questa è la realtà, che va affrontata con consapevolezza e propositività. Noi continueremo finchè sarà possibile uscire con dischi fisici, ma metteremo sempre una versione in download gratuito sul nostro sito, consci del fatto che la gente, di fronte a un lavoro che la soddisfa in pieno, probabilmente non si accontenterà di avere degli mp3 sull’hard disk ma vorrà avere qualcosa di più. In generale a noi va bene che la gente scarichi anche perché il “core business” di progetti come il nostro è e sarà sempre il live.
La vendita di dischi è diminuita del 10% nel 2009 e crollata rispetto al 2004 (-30%), ma sono cresciute quelle sul mercato digitale… il futuro, insomma? Come fa una band indipendente a poter vivere e investire nel proprio lavoro?
Non mi risulta che in Italia le vendite sul mercato digitale siano ancora significative e tali da sostentare un progetto indipendente. Come dicevo i concerti sono fondamentali per sopravvivere e, magari, per vivere decentemente di musica. Detto questo noi abbiamo anche altri lavori che ci permettono di suonare e scrivere la nostra musica con una certa tranquillità e senza troppe pressioni. Saremmo pronti a lasciare tutto qualora ci trovassimo davanti a una vera svolta. Vedremo…
Brizzi, ma prima Morozzi, Parrella, Mancassola. Il vostro rapporto con gli scrittori e la letteratura è noto. A chi toccherà la prossima volta?
Al fantasma di Henry Miller credo…
Sappiamo che Numero 6 deriva da una serie televisiva degli anni ’70 (The Prisoners). Se foste obbligati a sceglierne uno odierno, quale scegliereste?
Senza alcun dubbio “Drammi medicali”
Che ne pensate di quello che succede musicalmente in Italia oggi? Ci fate il nome di qualche gruppo che secondo voi merita?
Francamente sono piuttosto legato a esperienze passate. Un gruppo che mi è rimasto nel cuore sono i Flor. Ascolto e apprezzo da sempre i Diaframma, i CCCP. Mi piacciono molto i primi Baustelle e Paolo Benvegnu. Tra le cose uscite di recente segnalo volentieri gli Albano power, Brunori Sas, Carpacho, Fitness Forever.
Autore: Francesco Raiola
www.numero6.com – www.enricobrizzi.it