Un conto è scrivere canzoni, un altro conto è canzonare. Tale discrimine non dovrebbe necessitare di spiegazioni, presumo, ma non è la prima volta che nel catalogo dell’etichetta messinese i due concetti si confondono. Anzi, se escludiamo quelle release – che sembrano ormai far parte di un passato irrecuperabile – smaccatamente no-wave, e tutt’altro che canzoni, diciamo pure che tale commistione sembra essere il comune denominatore di tutte o quasi i dischi con il logo del cuore allegramente trafitto. Di serietà – o meglio seriosità – d’altra parte se n’è vista sempre ben poca dalle parti di Cinzia La Fauci.
In esame stavolta c’è il debut album di questo duo marchigiano. Il loro più che altro sembra un “abbozzo” di rock bello e buono, e anche, appunto, deliberato. Non si tratta solo degli ormai consueti testi demenziali, ma anche di schitarrate abrasive e vagamente dissonanti (come le voci) che lambiscono territori già noti (noise, punk-rock) senza l’apparente pretesa di aggiungersi a una relativa – “ideale”, ma soprattutto significativa – “antologia”. Un album dai perchè discutibili, insomma. Ma avevamo già aperto un apposito file, e un disco così, per dirla tutta, era quasi esattamente ciò che ci si aspettava…
Autore: Roberto Villani