Raggiungiamo Joan Wasser durante l’inizio del suo tour italiano (sette date: Sestri Levante, Roma, Napoli, Firenze, Milano, Torino, Rimini). Non le chiediamo del curioso nome d’arte che s’è scelta per dar vita alla sua carriera solista, perchè la genesi è già riportata dalle note della sua agenzia (un’amica le disse che assomigliava ad Angie Dickinson, star della serie TV americana degli anni ’70 “Agente Pepper”, da cui Policewoman. “Come le Charlie’s Angels, ma più coraggiosa, meno frivola”, dice Joan). Preferiamo indagare su com’è nato il nuovo lavoro, “To Survive”, e farci coinvolgere per l’entusiasmo con cui ha accolto le recenti elezioni presidenziali U.S.A…
Come mai hai chiamato quest’album To Survive? Sopravvivere a cosa?
È il nome di una delle canzoni dell’album. Mia madre è scomparsa recentemente e, nonostante abbia perso altre persone nella mia vita, perdere mia madre mi ha fatto veramente pensare a cosa significa essere vivi e quanto sia importante vivere la vita rispettosamente e amorevolmente, in ogni situazione. Sopravvivere è più che semplicemente esistere, è anche lasciarsi dietro di sé quante meno schegge e quanto più amore e sensibilità è possibile.
To Survive segue l’acclamato Real Life. Come hai gestito il successo? E, soprattutto, quanta influenza ha avuto nella creazione del nuovo album?
Beh, il fatto che la gente abbia apprezzato quel disco mi ha fatto sentire senz’altro meno sola. Il fatto che ci sia qualcuno che riesca ad immedesimarsi nelle mie canzoni mi gratifica. Quando ho cominciato a lavorare sul nuovo album, avevo l’ansia di dover piacere alla gente che ha amato il primo. Fortunatamente mi sono ricordata che il modo di approcciarmi a quell’album era semplicemente quello dicreare qualcosa di cui avrei potuto essere orgogliosa e ho fatto del mio meglio per fare allo stesso modo. So che, se provassi semplicemente ad anticipare quello il pubblico vorrebbe sentire, confonderei solo il mio modo di scrivere.
Come nascono le tue canzoni?
Spesso partono da un groove, o da una seguenza di accordi che suona bene, e i testi crescono quasi naturalmente all’interno della musica. Non so come succeda, di preciso, ma sono contenta che accada!
Leggendo riguardo i retroscena della nascita di “To Survive”, mi sarei aspettato un disco forse più introverso, o quantomeno dal suono più cupo. Forse mi sbagliavo…
C’era una certa agitazione emotiva durante la scrittura delle canzoni dell’album, ma non sono il tipo di persona che si crogiola nella tristezza. Cerco sempre di trovare il buono nelle cose, e di conseguenza – grazie a ciò – mi sento decisamente più felice e inoltre attraggo bella gente e belle situazioni.
Antony e Rufus Wainwright sono gli artisti con cui hai collaborato che probabilmente hanno maggiormente avuto un peso nella tua carriera. Credi ci sia anche un po’ di loro nel tuo disco, o lo “rivendichi” come qualcosa di assolutamente “tuo”?
Naturalmente quest’album è mio. È tutto mio come lo è stato il primo. Suonare con Antony e Rufus è stata un’esperienza stupenda, ancora di più perché entrambi erano ben consapevoli dei propri percorsi musicali, già ben definiti, ed è bello avere persone del genere vicino a te, quando tu stessa stai cercando di fare lo stesso. Ed in più sono entrambi molto generosi, e non è una cosa facile da trovare in tutti.
Ho letto tantissimi articoli sul tuo conto dove, nonostante il tuo successo e i tuoi due album all’attivo, ti continuavano a definire come “l’ultima fidanzata di” (Jeff Buckley, n.d.r.). E’ una cosa che ti da’ fastidio?
“Infastidirmi” non è il termine adatto. E’ un fatto, e ognuno ha il diritto di riportarlo. Credo semplicemente che il modo in cui spesso gli esseri umani tendono a sensazionalizzare la morte sia umiliante e irrispettoso. Spesso mi auguro che la mia musica venga presa in considerazione e discussa prima di citare qualche dettaglio della mia vita personale. Credo che per molti sia molto difficile anche solo immaginare quanto sia stato bello per me aver incontrato Jeff e averlo conosciuto così profondamente. Ma credo che le persone muoiano quando per loro arriva il momento di morire. La morte non è altro che una parte della vita, e spesso, tramite la morte, riusciamo a capire moltissimo riguardo la bellezza della vita. La parola “tragedia” è qualcosa che credo sia meglio lasciarla a Shakespeare.
Hai affermato di sentirti parte di una “nuova generazione di cantautrici che hanno il fegato di essere emotivamente dirette”. Chi altro includeresti in questo ‘gruppo’?
Emily Haines, Chan Marshall, Indigo, Diane Cluck, Katell Kaenig, Martha Wainwright
Cosa pensi della vittoria elettorale di Obama?
Sono fuori di me per la gioia. Per quanto mi riguarda, è come se ci fosse da festeggiare il primo compleanno del mondo intero. Il giorno delle elezioni ho riso istericamente e pianto e sorriso allo stesso tempo, commentando l’evento con i ragazzi della mia band. Mi sentivo in paradiso. La speranza ha vinto!
Autore: Francesco Raiola
www.joanaspolicewoman.com