Celibate Rifles sono un monumento del rock australiano. In attività dal 1979 sono sopravvissuti al passare del tempo e delle mode con una passione per il rock’n’roll che ha pochi eguali al giorno d’oggi. Vent’anni fa erano la punta di diamante del “nuovo rock australiano” e ogni loro album rappresentava un piccolo grande evento: tra i tanti dischi pubblicati vanno ricordati almeno il debutto “Sideroxylon” (1983), l’incredibile “A Turgid Miasma Of Existence” (1986) e soprattutto l’esplosivo “Roman Beach Party” (1987), da molti considerato il loro lavoro migliore.
Quando l’attenzione sul rock dei nostri antipodi è cominciata a svanire, i Rifles non sono scomparsi come molti altri gruppi della loro generazione, ma hanno continuato a suonare dal vivo e pubblicare dischi mai meno che interessati.
A volte, come nel caso di “Spaceman In A Satin Suit” (1994) addirittura eccellenti. Sono entrati nel nuovo millennio con un bel disco elettro-acustico, “A Mid-Stream Of Consciousness”, seguito a quattro anni di distanza da “Beyond Respect”. Per la prima volta senza etichetta – il disco è rigorosamente autoprodotto – i Fucili Celibi hanno tirato fuori un lavoro che ritorna alla dirompente energia degli esordi, senza disdegnare frequenti divagazioni lisergiche.
Si tratta di un album che cresce ascolto dopo ascolto e che ci svela una formazione dall’integrità artistica e musicale ancora intatta. Nella speranza di poterli vedere presto in Europa, dove conservano ancora uno zoccolo duro di fan, abbiamo rintracciato Kent Steedman (chitarra e voce) e Damien Lovelock (voce) per parlare di questa straordinaria e longeva rock’n’roll band.
Da “A Mid-Stream Of Consciousness” a “Beyond Respect” sono trascorsi quattro anni. Cosa avete fatto nel frattempo?
Kent Steedman: Siamo andati a cena, in vacanza, lavorato in posti schifosi e scritto i brani per “Beyond Respect”!
Nell’ultimo periodo la vostra attività live è stata particolarmente intensa, perlomeno in Australia. Non avete nessun progetto di ritornare a suonare in Europa?
Certo che ci piacerebbe tornare presto in tour in Europa. Speriamo di potercela fare quest’anno, ma non sarà semplice…
Parliamo di “Beyond Respect”, il vostro ultimo sforzo creativo. E’ abbastanza diverso dal precedente “A Mid-Stream of Consciousness” che viveva di una continua alternanza elettro-acustica. Com’è venuto fuori un album così marcatamente rock?
Paul Larsen, il nostro batterista, e Mike Couvret, il nostro bassista, sono ritornati in pianta stabile nella band. Con loro di nuovo in formazione è stata un’evoluzione naturale orientarci nuovamente verso un suono più rock. Il fatto di non avere brani acustici su questo disco comunque non è stata una scelta consapevole…
Siete considerati il gruppo australiano politicamente più schierato per via dei vostri testi lucidi e pungenti. Qual è la vostra opinione sul difficile momento storico che stiamo attraversando? Vedete qualche segnale di speranza per il futuro?
Kent: Il rock è l’unica speranza! Scherzi a parte, ci sono ancora molte cose buone nel mondo, ma sfortunatamente la gente preferisce focalizzare la propria attenzione sui problemi piuttosto che sugli eventi positivi. Allo stesso tempo c’è anche un mucchio di merda ed è frustrante far parte di quella coalizione di destra dalle visioni ristrette che governa il mondo (il governo australiano ha appoggiato sin dall’inizio le scelte di Bush sulla guerra in Iraq, NdR). E’ una buona cosa che la Spagna si sia ritirata dalla missione in Iraq e fa piacere sapere che il governo venezuelano e pochi altri nel mondo abbiano una posizione diversa. Comunque per costruire un mondo migliore possiamo iniziare a livello individuale, rispettando ogni giorno le persone che incontriamo.
Quali sono le principali fonti di ispirazione di “Beyond Respect”?
Damien Lovelock: Il mondo dopo l’11 settembre ci ha offerto un’enorme tela su cui dipingere…
A chi si riferisce, allora, un brano come “Return Of The Creature With The Atom Brain” ?
La filosofia politica di George Bush, Tony Blair e John Howard somiglia molto a un ritorno agli anni ’50, alla guerra fredda. Il titolo di quel brano nasce da questo tipo di associazione mentale…
Kent: Scegli un qualunque uomo politico che possa rientrare in questa categoria…
“Salute” è una nuova versione di “Thank You America”, uno dei classici del vostro secondo omonimo album. Perché avete deciso di includerla ancora in un nuovo album, a vent’anni di distanza?
Quella poesia è stata scritta quarant’anni fa (dal poeta beat Lawrence Ferlinghetti, NdR) e sfortunatamente e ancora molto attuale…
Damien: “Salute” è la mia poesia preferita contro la guerra. Fu scritta nei primi anni ’60 come commento alla Guerra Fredda e alle situazioni che si stavano verificando in Indocina, America Latina e Africa. Quando utilizzammo quella poesia per farne una canzone nel 1983, sembrava più attuale di quando era stata scritta. Oggi, dopo vent’anni, suona ancora più attuale di allora.
Tra i brani più riusciti dell’album ci sono anche “Buttland”, “Lazy Sunshine”, “Form One Line” e “Can’t See Nothing There”. Parlami di queste canzoni…
“Buttland” ha una fonte d’ispirazione simile ad “Atom Brain” ed è incentrata su come l’opinione pubblica è stata manipolata e ingannata in modo da supportare una guerra immorale. “Lazy Sunshine” narra della sensazione che si prova quando si lascia la città e si guida lungo la costa australiana durante le vacanze… In Queensland e New South Wales tutti amavano fuggire dalla città, inoltrarsi lungo la costa per andare a fare surf in località sperdute. E’ una canzone sulla dimensione del viaggio, la risposta dei Celibate Rifles a “L.A. Woman” dei Doors. “Form One Line” invece parla del neoconservatorismo politico ed economico degli ultimi vent’anni, mentre “Can’t See Nothing There” è una celebrazione nichilista del piacere di rifiutare i valori e la morale contemporanei.
Avete anche inserito le belle cover di “Nobody Knows” (Destroy All Monsters) e “My Generation” (The Who). Sono brani che suonate abitualmente dal vivo?
Kent: Abbiamo inciso “My Generation” come omaggio a John Entwhistle che è morto mentre stavamo registrando “Beyond Respect”. “Nobody Knows” l’abbiamo suonata per anni e finalmente è venuto il momento di registrarla. Comunque sono due brani che non proponiamo spesso in concerto.
Kent, di recente hai dichiarato che “Beyond Respect” ti ricorda il tuo album preferito dei Celibate Rifles, vale a dire “Roman Beach Party”. Che tipo di somiglianze vedi tra questi due dischi?
Davvero ho detto questo? Sì, le somiglianze ci sono e riguardano l’approccio e il fatto che questi due album sono stati molto ben registrati.
Damien, quali sono invece i tuoi album preferiti dei Rifles?
Damien: Il primo, “Sideroxylon”, proprio perché è stato il primo e “A Mid Stream Of Consciousness” dal momento che è stato un miracolo portarlo a termine ed anche perché copre una varietà di stili musicali.
I Celibate Rifles si sono formati nel 1979, il vostro primo album risale al 1983. Qual è il segreto della vostra longevità?
Kent: Il nostro humour, la nostra irriverenza, la stupidità, la passione e la flatulenza!!!
Cosa fate nelle vostre vite private, quando non suonate assieme?
A parte i Rifles, mi sto occupando di un paio di progetti paralleli a carattere sperimentale. Uno è una dub-punk band chiamata Metropolitan 11, l’altro un gruppo ambient, The Modern Gong Ritual. Ma la cosa più importante è fare qualcosa di rilassante ed evitare il fumo delle sigarette!
Damien: faccio surf, insegno yoga e lavoro in TV come commentatore sportivo, di calcio.
Speranze, progetti e desideri per il futuro?
Kent: Andare in tour e diventare famoso in Europa. E poi voglio girare in tour con una rock’n’roll band in Giappone e in India. E mi auguro la pace nei cuori degli uomini, delle donne e dei bambini. E la salvaguardia degli animali e dei luoghi selvaggi. Spero che la gente si ricordi di prendersi cura del pianeta e degli altri…
Autore: Roberto Calabrò
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