Il due Pan Sonic, Mika Vainio e Ilpo Vasainen, a distanza di dieci anni dalla fondazione della band continua ad incutere un profondo stato di disagio referenziale, nel momento in cui si è chiamati ad occuparsene; forse perche, ad arte , si sono costruiti intorno una fama controversa ed oscura, ricca di aneddoti, sostenuti per questo da comportamenti non proprio ortodossi.
Come l’ultima trovata escogitata dai due, di andarsene in giro per il mondo, suonando ed allogiando un po’ dovunque, invitati da piccoli promoters se non addirittura dai fans stessi ad esibirsi nei posti più disparati, fino a ricavarne un esaurimento nervoso con conseguente isolamento ed interruzione di tutti i progetti.
Tutto questo ha contribuito non poco a far crescere negli anni l’interesse della stampa, anche non di quella specializzata, per i progetti e le realizzazioni che i due hanno messo a punto nel campo della sperimentazione contemporanea allargata; mi riferisco non soltanto alla loro attività musicale, ma a tutte quelle che li hanno visti protagonisti nel campo delle arti multimediali.
Con la recente uscita dell’album quadruplo “Kesto” i Pan Sonic si sono rimessi in moto, intraprendendo anche un tour, che nei giorni scorsi li ha visti esibire a Napoli dove li abbiamo incontrati per una breve intervista.
Sono trascorsi ormai 10 anni dalla pubblicazione di “Vakio”, il primo album ancora a nome Panasonic… proviamo a fare un rapido bilancio della vostra attività musicale?
(Mika) E’ difficile rispondere… sono successe tante cose… comunque sì, siamo soddisfatti di come le cose si sono sviluppate finora, dai dischi al fatto di andare in giro per il mondo a suonare…
Quali paesi in questo tour?
Veniamo dalla Svizzera, e prima ancora da Brasile e Canada… siamo diretti ad Atene, Parigi, poi Giappone, e a inizio 2005 chiuderemo in Australia.
Tre anni fa ci fu “Aaltopiiri”, considerato da molti come il vostro capolavoro. Oggi “Kesto”, nell’essere un CD quadruplo, sembra essere scaturito dall’esigenza di mantenere alti standard, costringendovi a registrare tutto quello che avevate preparato…
“Kesto” è un passo verso nuove direzioni, ma non è che programmiamo ciò che facciamo, e quindi il contenuto del prossimo disco…
Quindi non avevate neanche previsto tutto questo tempo di lavorazione?
No, però in questi 3 anni abbiamo fatte anche altre cose: un disco con Alan Vega dei Suicide, un DVD… l’uscita di entrambi è stata fatta slittare dalla EMI (il gruppo cui la Mute appartiene).
Siete soddisfatti di questo vostro album?
Beh, c’è sempre qualcosa che si vorrebbe poter cambiare a posteriori… ci sono delle “aree” in cui individuare opportunità di far meglio… e trattandosi di un disco quadruplo, le cose da cambiare aumentano… ma a conti fatti siamo contenti del risultato. Col prossimo album cercheremo di andare più in profondità in ciò che vogliamo esplorare.
Con l’utilizzo di tecnologie elettroniche di facile accessibilità – anche dal punto di vista economico -, la sperimentazione sembra partire dal basso anziché dall’alto di un contesto accademico… Pan Sonic può essere un esempio di tale fenomeno?
Sì, possiamo rappresentare un esempio in tal senso, ma non è una novità. Già dagli anni 60 c’è chi fa musica elettronica sperimentale dall’underground, quindi fuori da un contesto accademico. Se parli di pc/laptop è possibile fare musica interessante, ma questo vale anche per altri tipi di strumenti. Ma il punto è: non è che sia diventato più facile fare musica interessante, benchè sia meno costoso realizzarla; anzi, l’elettronica ha reso più facile fare cattiva musica, come accadde negli anni 60 col free jazz. Forse il 55 di ciò che viene fatto con questi mezzi vale, non di più…
Spesso nei vostri album avete concretizzato tributi ad artisti verso i quali vi sentite riconoscenti – Wire, Suicide, Throbbing Gristle, Alvin Curran… in un certo senso riconoscete che non tutta la musica che producete viene da sola…
(Ilpo) La musica viene da noi, le influenze sono perlopiù inconscie. Abbiamo dedicato delle tracce a quegli artisti perché spiegano abbastanza della musica di questi. E si tratta di persone che, ovviamente, abbiamo ascoltato molto…
L’esecuzione che si avvale di strumenti elettronici solleva l’artista da aspetti come “interpretazione”, e “azione”… con quale spirito si cerca di sopperire al doversi poggiare soltanto su una “macchina”?
(Ilpo) Noi non usiamo computer, neanche in studio… suonare dal vivo non è un problema: improvvisiamo molto, e abbiamo delle proiezioni a rendere un live interessante… (Mika) l’interesse di un live poi non dipende necessariamente da fattori propriamente “dinamici” come urlare, saltare o fare acrobazie: l’interpretazione può trovare la propria intensità anche in un piccolo movimento sul viso dell’artista, che ne esprima un coinvolgimento anche profondo… e ciò viene notato dal pubblico, così come un eventuale atteggiamento “scoglionato” dell’artista.
Qualche anno fa è rimasta famosa una scazzottata tra voi due durante uno show; il match era un aspetto della performance come pure succedeva per i microfoni ingoiati e percossi dall’esterno del corpo oppure vi siete lasciati prendere la mano.
(Mika) Successe a Roma, nel 1999… mi ero affidato all’alcool per combattere lo stress di fine tour. Penso di aver avuto anche un microfono in bocca per un po’ e di aver insultato il pubblico – o almeno di averci provato. Ovviamente non si faceva per finta, ma posso dire che ne avremmo volentieri fatto a meno…
Che ascolti avete fatto di recente – più che i nomi, basta sapere il “genere” di musica…
(Mika) Oggi ascolto molta musica classica… soprattutto il “Giulio Cesare” di Handel… e da qualche settimana il jazz dei 60s…
(Ilpo) Sto ascoltando molta musica afro… poi musica contemporanea, come “Oresteia” di Xenakis… e ancora, ieri ho comprato musica tradizionale di Iran e Kazakhstan… e anche music acustica… blues dei primordi, non roba attuale
E Napoli… che effetto vi fa?
(Ilpo) Molto interessante per passeggiare… le strade, l’architettura… il cibo… gran caos però…
Autore: g.ancora
www.mute.com/artists/viewArtistMain.jsp