Quando si dice “la classe non è acqua”. A venticinque anni dal loro esordio, i Celibate Rifles – la più longeva formazione australiana in attività – continuano a regalarci la loro visione ironica e disincantata del mondo attraverso una manciata di splendide canzoni hi-energy rock’n’roll. A quattro anni dall’ottima prova elettro-acustica di “A Mid-Stream Of Consciousness”, imbarcati nuovamente in formazione i fidi Paul Larsen (batteria) e Michael Couvret (basso), Damien Lovelock, Kent Steedman e Dave Morris hanno organizzato un nuovo assalto sonoro che li riporta prepotentemente agli onori delle cronache della scena “aussie”. Più rock del precedente, “Beyond Respect” non è comunque un disco immediato, di quelli che lasciano il segno sin dal primo ascolto. Cresce poco a poco prima di svelare tutto il suo potenziale comunicativo e il suo fascino musicale. Kent Steedman, il biondo chitarrista della band, lo ha recentemente paragonato a “Roman Beach Party”, l’album del 1987 ritenuto da molti critici – incluso il sottoscritto – la loro prova migliore. In effetti tra questi due dischi ci sono diversi punti di contatto. Il più rilevante dei quali risulta essere la spessa matrice punk/hi-energy nelle cui trame trovano posto aperture psichedeliche come una sognante “Alhambra” o la lisergica “When We Meet Again”, per chi scrive la punta di diamante dell’intero album. Ma l’anima della band di Sydney rimane indissolubilmente legata ad un sound chitarristico – quello del duo Steedman/Morris – che ha fatto scuola, e alla voce nasale e profonda di Damien Lovelock. Così l’iniziale “You Won’t Love Me” è potente e incisiva e con ricchi effluvi di wah wah come ai bei tempi, “Return Of The Creature With The Atom Brain” un raga ipnotico, “Lazy Sunshine” diretta e solare, mentre “Salute” una riedizione di quella “Thank You America” con cui i Rifles diedero forma rock a una splendida poesia del genio beat Lawrence Ferlinghetti. Le cover di “Nobody Knows” (Destroy All Monsters) e quella nascosta di “MyGeneration” (The Who) rappresentano i tocchi conclusivi di una tela vivacissima e multicolore che dimostra – se mai ce ne fosse bisogno – lo straordinario valore dei “canguri” di Sydney.
Autore: Roberto Calabrò