Gli Squartet sono una band assolutamente non di primo pelo, nonostante abbiano alle spalle soltanto un altro lavoro, l’omonimo del 2005. Ascoltandoli si percepisce subito che questo trio: Fabiano Marcucci al basso, Marco Di Gasbarro alla batteria e Francesco Fazzi alla chitarra ha molta esperienza ed è gente di mestiere. In effetti, il terzetto è nato dalle ceneri di due gruppi romani: i Demodè ed i Neo ed è parte integrante del progetto Ardecore. La loro musica, rigorosamente strumentale, ruota attorno al jazz, possibilmente free, ma essendo persone instabili, gli Sqaurtet non si accontentano del genere di Mingus e soci, dato che spaziano moltissimo, andando ad esplorare altri territori, non sempre vicini al jazz. I brani quindi sono quasi sempre imprevedibili con frequenti cambi di ritmo ed assoli della chitarra in certi casi bruscamente interrotti dal basso percussivo e noise e dalla batteria che determina la direzione da intraprendere (“Undici apostoli”). Il sound nel complesso può risultare schizzato, ipnotico, incandescente, ma anche freddo, con alcuni riferimenti al math in stile Battles (“Sexy camorra”) o con sprazzi di prog (“Il piccolo samaritano”). Inevitabilmente i rimandi a Frank Zappa e ai loro concittadini e colleghi Zu non mancano, tuttavia, la loro modalità di esprimere le loro esigenze artistiche sono talmente fuori degli schemi che sono contenuti soltanto dal funk, che in qualche modo ha la funzione di contenere le corse accelerate o le divagazioni estremamente senza meta. Con gli Squartet si ha l’opportunità di fuggire dai soliti schemi precostituiti.
Autore: Vittorio Lannutti