Australiani si nasce, ed americani si diventa per necessità e per godere di una opportunità che non avrebbe potuto rifiutare dopo alcuni anni trascorsi a rincorrerla. E’ quanto successo a Mark Mitchell, alias Clue To Calo, che con le prospettive lanciate da un primo album nel ‘03, aveva un debito, soprattutto nei riguardi del personaggio a cartoni al quale aveva sottratto il nome per una sua dichiarata affinità caratteriale. All’uscita del nuovo disco lo abbiamo raggiunto per farci rilasciare qualche dichiarazione che ci aiutasse a riconoscerlo meglio delle scarne notizie biografiche.
Salve Mr. Mitchell, e bentornato dopo due anni trascorsi dalla sua prima pubblicazione “Come Here When You Sleepwalk” (Leaf/Mush) accolta favorevolmente dalla critica; che tipo di progetti sono seguiti a quella realizzazione?
Sono stato costretto per molto tempo a non poter realizzare le mie composizioni a causa di una disputa legale che mi ha tenuto lontano dalla mia occupazione preferita; è stata una esperienza terribile limitarsi a scrivere e riscrivere le mie canzoni sul pc, senza avere la possibilità di vederle realizzate. Poi, a seguito del tour in Canada e Usa realizzato insieme ad un gruppo di amici, nel giro di pochi mesi, quando ero ormai prossimo alla deadline, ho trovato la possibilità di realizzare”One Way, It’s Every Way” nel giro di pochi mesi e con le aspettative che mi ero riposto.
Per la realizzazione di “One Way, It’s Every Way” lei si è recato negli Stati Uniti, a Brooklyn. Quanto l’ha aiutata recarsi in quella città?
Tantissimo, soprattutto perchè in tre mesi soltanto sono riuscito ad organizzare tutto il lavoro che già avevo preparato, ma soltanto lì ho trovato la situazione adatta per la realizzazione. Ti confesso sinceramente che senza quel soggiorno negli States, adesso non staremmo ancora qui a parlare della mia seconda opera.
L’ascolto del suo disco, tra le varie influenze, sembra particolarmente ispirato ad alcune band dell’elettronica di primo pelo fine anni ‘80, ‘90; penso a Galaxie 500, Spacemen 3…Ne è mai venuto a conoscenza?
Soltanto recentemente ho avuto modo di ascoltare i Galaxie 500, quindi non mi sento di rispondere affermativamente alla tua domanda. Forse mi sento più vicino agli Spiritualized, che riconosco nelle strutture melodiche e nel tipo di orchestrazione.
Lei pero non rinuncia affatto all’utilizzo di una strumentazione di tipo classico accompagnata da un uso della voce che la fa sentire molto più vicino al costume popolare; quanto è importante per lei la sperimentazione e quanto invece si sente vicino alla musica popolare?
Sono molto interessato al punto in cui le due cose si intersecano, quando le melodie, il ritmo e le armonie radicate riconosciute dal costume popolare, ti trasportano verso contesti e strutture musicali differenti; per fare questo mi sono servito di tutta una serie di strumenti tradizionali rintracciati un po’ in giro, che ricostruisco ed elaboro col powerbook. Faccio questa considerazione pensando ai miei genitori, che non sono realmente coinvolti in quello che faccio, ma ne riconoscono l’appeal.
Ultimamente leggendo di un noto artista degli anni 70, si diceva impersonale nella composizione dei suoi testi, nel senso che questi non si identificavano con la sua persona. Cosa succede invece nei tuoi testi?
Credo che la stessa cosa succede per me per le mie storie non che non sempre rappresentano il mio personale modo di pensare; cerco di non assumere un tono autobiografico inseguendo ad una ad una tutte le idee che mi passano per la mente ed analizzandole secondo una prospettiva globale, anche se le mie ultime composizioni riflettono inevitabilmente qualche vicenda personale degli ultimi anni.
E’ da un po di tempo che non mi occupavo di musicisti australiani; cosa mi racconti di laggiù, hai qualche idea particolare da raccontare ai nostri lettori?
In questo momento trovo tutto quello che mi circonda molto frammentato ed in continuo fermento; tutto è cominciato con l’introduzione e l’espansione nell’utilizzo del software. La quantità di materiale e gli strumenti a disposizione a prezzi molto contenuti hanno coinvolto un sacco di gente per prodursi a casa insieme agli amici quello che preferivano ascoltare, introducendo il concetto di DIY anche nel campo musicale. Infatti tra i miei gruppi preferiti in questo momento riesco soltanto ad elencarti i nomi di amici che conosco: Architecture in Helsinki, Qua, No Through Road, Straight to Video, Hit the Jackpot, Brutal Snake …
Ho provato in tutti i modi ad immaginare cosa significasse Clue To Kalo, ma non credo di averne trovati di significativi; puoi svelarlo per soddisfare una curiosità?
È un personaggio di un disegno animato canadese con delle caratteristiche psicologiche nelle quali mi sentivo rappresentato; pensavo fosse uno pseudonimo originale per il mio gruppo, non pensi?
Si certamente lo trovo singolare.
Nelle tue composizioni spesso si intrecciano storie di sentimento e di passioni amorose, di viaggi, di amicizie, senza mai toccare argomenti di carattere politico, sociale, ecologico o altro; non le trovi altrettanto importanti?
Sono ancora troppo giovane e poco esperto per occuparmi di questi argomenti che richiedono tutta una serie di esperienze e di conoscenze di cui ancora non mi sento padrone; d’altra parte penso che ci siano autori ed artisti di ogni espressione che lo facciano in maniera appropriata. Prossimamente mi occuperò di cinema e spero proprio di riuscire ad affrontare una di questi argomenti.Autore: g.ancora
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