I Ladytron con “604”, a suo tempo, hanno avuto il gran merito di dare una netta affermazione e di lanciare un filone musicale che si è fatto spazio un po’ come le voci di corridoio e che, detto senza peli sulla lingua, prescindeva direttamente dagli ’80, riprendendo soprattutto il buono di quell’epoca, e finanche, con una certa moderazione, quelle che erano le trovate peggiori, recuperate però in maniera progredita e con una certa funzionalità, grazie soprattutto al buon gusto e alle scelte stilistiche di singole band, progetti e labels, che all’inizio del nuovo millennio hanno agito da traino, avendo per buona sorte la grazia di riformulare, dare una nuova linfa, matrice e direzione alla dance e la techno da una statica fase di stagnazione. Nonostante desti ancora un certo charme il suono della parola “vintage”, non è l’argomentazione di cui sopra a far la fortuna di “Witching Hour”, che nel momento in cui è chiamato in causa riesce fortemente ad emozionare ed affascinare attraverso brani piuttosto sintetici, malinconici e profondamente melodici quali “Destroy Everything you touch”, “International Dateline” e “Soft Power” avvalorati, come per la restante parte dell’album, dalle brillanti performance canore di Helen Marnie e Mira Aroyo. Questo terzo album dei Ladytron si lega ad un filo diretto e continuativo con i due precedenti e riusciti test, “604” e “Light & Magic” e comincia con atmosfere variate di poco rispetto al passato e che forse si sono ulteriormente incupite, anche se i quattro di Liverpool nel frattempo sono cresciuti e hanno perfezionato ed affinato la loro fervida ed eccellente capacità nella costruzione di brani, partendo dalle loro abituali sonorità “datate”, che spaziano dal synth-pop al post-punk ed ambienti wave, senza mai, e sottolineo mai, scadere nel banale o nello scontato.
Il disco inaspettatamente si spacca quasi alla metà e dalla strumentale “CMYK” in poi subisce un sostanziale cambiamento verso rotte più energiche, già durante il passaggio attraverso il tema “depechemodiano” di “AMTV” e le seguenti “Sugar” e “Fighting in Built up Areas” dove sopraggiungono graffianti chitarre che appoggiano solidamente i predominanti sintetizzatori trasformando il sound, che diventa molto più acido, tossico e tagliente. “Witching Hour” è un bel disco e dovrebbe convincere perfino i più scettici; i Ladytron hanno svolto un buon lavoro rivalutando addirittura quell’attempata teoria che voleva i terzi dischi quelli dell’affermazione. Proprio a trovarne un difetto si può asserire che “Witching Hour” poco lega con la calda stagione estiva entrante, ma il quartetto Marnie/Aroyo/Hunt/Wu è notoriamente un’ottima band live…appuntamento ai festival, quindi!
Autore: Luigi Ferrara