Immaginatevi di star seduti comodamente su di una carrozza di una fantomatica giostra, tipo montagne russe. Mentre il vostro vagone sta salendo, cresce contemporaneamente l’adrenalina. Lentamente una perenne sensazione di eccitamento, dettata dai continui cambi di ritmo, si impadronisce di voi. Una volta scesi dal suddetto aggeggio i vostri sensi sono stati così sollecitati che non sapete riprendervi a dovere e capire esattamente cosa sia successo. Ecco una fantasiosa metafora che ben si addice alla descrizione di “Efflorescence”, debutto sulla lunga distanza degli inglesi Oceansize. Il quintetto macuniano, difatti, a differenza di parecchi conterranei non ama confrontarsi con le brevi pop songs. Anzi, in vari episodi, necessita di una sostanziosa durata(almeno quattro brani sforano gli otto minuti) per metter a punto le sue peculiarità: alternanza rumore/calma(Black Sabbath meets Tortoise), vagiti di psichedelia,( il fluido rosa della dipendenza di Jane. Che sottile gioco di parole, eh? ), parsimonioso uso del canto(all’occorrenza par di sentire un Chris Cornell meno dotato). Individuati le sostanze di base, a seconda dei casi, in pratica cambiano solo le quantità con cui vengono utilizzate. Se i Mogway vi stanno iniziando a stancare, qui troverete qualcosa di concettualmente affine e meno incancrenito.
Autore: LucaMauro Assante