Uno scultore del beat, Dj Rels. A periodi, però. Il filosofeggiare con la batteria incastrando geometrie originali non è sempre un nuovo approdo. L’esercizio fa bene, fa salute in senso musicale, quando non si rilassa troppo (o del tutto) sui continui teoremi di combinazione del boom-cha. Qua invece…
“Theme for a Broken Soul”, titolo e insieme dichiarazione di intenti: un progetto da profonda West London microelettronica, cosparso di fumi e piaceri ma anche un tantinello compiaciuto.
Il tormentato treno di batterie che muta puntuale ad ogni traccia (idolatri della cassa dritta, fuggite!). Ogni tanto si lascia agguantare dalle linee di basso, regolarmente elettrofunk. E’ il caso dell’ouverture “Don’t U Know”, manieristico amalgama dall’effetto stereo-ritardante. “Eclipse Pt. 1 & 2”, invece ulula jungle della prima età. Apertura (e chiusura) su finestre su universi geografici altri, da riscrivere e personalizzare: ecco – forse su soffiata dell’amico Gilles Peterson – “Sao Paulo”, il Brasile in maschera sintetica e pagliettato di glitch.
“Moonride” primeggia: il producer si gioca bene la chance di far combaciare un’ipotesi para-tribale con una corsetta lounge nuova formula che mantiene i timpani allenati. ”Song For My Lady” invece resta a piedi: gira su se stessa come un piatto di cannelloni freddi nel microonde: colpa della “lady” che non ispirava granché pensieri d’arte?
Nessuna voce – a parte i soliti motti in loop – si azzarda a disturbare le 12 “sonatine” in sequenzer di “Theme for a broken soul”.
Oops…la canzone numero dodici accenna inusitati passetti disco (sic). Ma…è già finita, dopo un minuto e due secondi. Dj Rels, lo “scultore”, resta a pochissimi scalini dalla conquista della nostra piena fiducia.
Autore: Sandro Chetta