Di sicuro non cambierà il corso della storia della musica, il giovane Alexander Chen – ventitre anni appena – di Boston. Sono pronto a scommettere, però, che farà strage di cuori tra le sue coetanee dai gusti più ricercati, con le sue melodie sussurrate, e le sue canzoni struggenti.
Alexander a.k.a. Boy In Static costruisce i suoi brani come normali pop-songs, tutte più o meno languide e malinconiche, tutte rigorosamente cantate con un filo di voce. La struttura base è perlopiù voce/chitarra. Poi, però, “condisce” il tutto con effettini digitali e glitch, beat elettronici e rumori creati dal suo laptop.
“Broke”, ad esempio, con le chitarre elettriche che sposano i ritmi digitali, sintetizza la sua “via elettronica” all’indie rock. E ricorda parecchio i Notwist, che hanno deciso di puntare su di lui, mettendolo sotto contratto con la loro etichetta personale, la Alien Transistor. In “First words” il rumore delle dita che scorrono sul manico della chitarra acustica fa venire i brividi lungo la schiena. “Truly yours”, uno dei pezzi migliori, è anche tra i brani più “movimentati”, con groove e chitarre che finalmente suonano sporchi e vitali, graffianti ed efficaci.
Nel complesso, però, “Newborn” suona ripetitivo e melenso, irrimediabilmente invischiato nei famigerati cliché dell’”indietronica” e privo di momenti veramente memorabili.
Autore: Daniele Lama