Si, già dall’immagine di capertina avete capito bene, si tratta di una devastante prova dal vivo degli australiani Beasts of Bourbon di Tex Perkins (voce), con i soliti Spencer Jones e Charlie Owen alle chitarre, Brian Hooper al basso e Tony Pola alla batteria, per un disco che dovete procurarvi ad ogni costo, se amate il rock’n’roll suddista più roccioso del mondo.
La loro miscela si è irrobustita col tempo, giungendo ormai alla sintesi definitiva di Stooges e Motorhead con una letale iniezione di blues paleolitico, creando un ponte immaginario tra le paludi dell’Australia e quelle della Florida in cui, guardacaso, sono fermentati i Down di Phil Anselmo e Pepper Keenan: tra i pochi a superare in impatto questa bestia alcoolica qui.
Dodici tracce di energia depravata, con alcune cover molto esplicite già nei titoli quali ‘Cocksucker Blues’ dei Rolling Stones o ‘Ride on’ degli AC/DC, più i bramati piccoli classici del combo australiano.
Cosa dirvi di più: Tex canta come fosse un Iggy Pop particolarmente ubriaco, selvaggio e incazzato come un mulo, mentre chi sta agli strumenti quasi mai riesce a contenere il feedback degli amplificatori, che va a ricamare questa tela d’acciaio strepitosa.
I Beasts of Bourbon si formarono negli anni 80, e sono andati avanti allegramente (e continuano a farlo) tra scioglimenti e rimpatriate, alternando tournèe e dischi con altri e più stabili progetti (gli Scientists, gli Hoodoo Gurus, i Lubricated Goat) dei componenti; ascoltando ‘Low Life’ non possiamo che rammaricarci di cotanta incostanza: meglio sarebbe stato se i cinque si fossero dedicati solo alle ‘Bestie’: ne sarebbero morti, probabilmente, ma la loro discografia sarebbe ben più ricca.
E riassumiamola, questa discografia, per quei due o tre di voi che forse avranno voglia di cercarsi questi capolavori: esordio con ‘Axeman’s Jazz’ (Green, 1984), poi ‘Sour Mash’ (Red Eye, 1988), ‘Black Milk’ (Red Eye, 1990), ‘The Low Road’ (Polydor, 1991), il doppio ‘From The Belly Of The Beasts’ (Polydor, 1993), ‘Gone’ (Normal, 1997), la raccolta con disco live allegato ‘The Best of the Beasts of Bourbon’(Universal, 1999), ed infine ‘Beyond Good & Evil’ (Universal, 1999).
Mi chiedo provocatoriamente: possibile che australiani e giapponesi suonino ormai questo genere musicale meglio degli americani che l’hanno inventato?
Autore: Fausto Turi