“Uno dei complimenti migliori che ho ricevuto nella vita riguardo la mia persona, in realtà mi era stato diretto come critica. Passerai dall’infanzia alla vecchiaia senza attraversare la maturità. Questo mi hanno detto. E non potevano che rendermi felice.”
Questo è Arturo Stàlteri il giorno della presentazione del suo nuovo album alla Feltrinelli in Galleria Alberto Sordi, a Roma. Un sorriso innocente e una maglietta dei cartoni animati della Marvel sotto la giacca. Non si direbbe quasi che Half Angels sia il suo undicesimo lavoro: l’emozione che si percepisce è pari a quella di un debutto. Di un appuntamento atteso. Ma in effetti potrebbe essere così: Half Engels è il debutto di un dialogo con altri strumenti, un’apertura a nuove sperimentazioni che il musicista concede al suo pianoforte.
La verità poi, potrebbe essere anche più profonda: in Arturo Stàlteri l’artista è ancora bambino e bambino è l’entusiasmo, l’approccio alle cose, nello sguardo che si posa sul reale desiderando di essere abbagliato da una magia. E allora la magia la crea.
È questo l’unico atteggiamento che può spiegare come possano convivere in un artista solo tante passioni differenti: dalla letteratura alla musica classica, dalla ambient di Brian Eno (a cui ha dedicato un progetto) fino all’eterna ossessione per il Rock, in particolare quello dei Rolling Stones.
Abbiamo chiesto ad Arturo di incontrarci di nuovo, una sera di Roma. Per rendere conto di tutte queste vite.
Partiamo proprio dall’inizio. Raccontaci di quando tutto è cominciato…
Il mio rapporto con la musica nasce sicuramente dalla passione di mia madre. Mio padre era giornalista, dunque è stata lei ad avvicinarmi allo strumento. Così iniziai a suonare il piano al conservatorio. Avevo circa dieci anni quando mia sorella maggiore portò a casa Let’s spend the night together, degli Stones. La musica contemporanea che girava allora mi piaceva poco: c’era il beat, i Beatles, ma niente riusciva a colpirmi davvero. Il lato B di quel disco invece fu una vera rivelazione: Ruby Tuesday, con uno splendido flauto barocco nell’arrangiamento era un nuovo modo di fare musica. Fu da allora che mi sono avvicinato agli Stones, percorrendo a ritroso la loro discografia e seguendoli con i dischi successivi.
Del panorama italiano apprezzavi qualcuno?
Soltanto il Banco del Mutuo Soccorso e la PFM. Mi piaceva il prog italiano, non le canzonette. Ho anche suonato io stesso progressive, per un po’ di tempo, insieme ad altri musicisti. All’inizio il gruppo si chiamava Primptemps, Primavera, poi cambiò in Pierrot Lunaire. Con questo nome abbiamo inciso due album, di cui il primo, omonimo, nel 1974. Tra l’altro sono in via di ristampa…Si può dire in effetti che sono uno dei pochi sopravvissuti al prog italiano. Un altro di questa scarna schiera è Zarrillo, per chi non lo sapesse. Ci siamo lanciati in altri progetti, in modo differente, ma siamo passati tutti per quella esperienza senza fermarci lì.
Come ti vedi collocato nel contesto musicale italiano attualmente? Spesso ti accostano ad Allevi, Einaudi… ti senti parte di una scuola?
Mi sento parte di una scuola e non mi dispiace essere accostato a questi musicisti. Del resto, sono forse uno dei pochi compositori e pianisti in Italia ad ammettere senza vergogna una certa simpatia per il lavoro di Giovanni Allevi. Considero la sua discografia in generale: i primi album sono veramente belli. È diventato famoso con gli album che meritavano meno, come succede spesso. A volte mi chiedo se sia il caso di cominciare a peggiorare con i miei dischi… . Tornando al concetto di scuola, mi definirei un neoromantico, minimalista pentito. Un modo di fare musica che ha fuso insieme musica classica e pop a partire dagli anni ottanta. Sicuramente ha contribuito al mio modo di fare musica il lavoro che Brian Eno stava sperimentando in quegli anni.
E per quanto riguarda Half Angels? Racconta qualcosa di più sul tuo ultimo lavoro…
Pensavo a questo album da sei o sette anni. In realtà i primi movimenti sono stati composti tempo fa, destinati al film muto Selika, girato nel 1921 da un regista di Ripatransone (Ascoli Piceno), Ivo Illuminati. Tuttavia pensavo da parecchio proprio al concetto attorno a cui volevo far ruotare tutti i brani: la figura di donne che portano in sé caratteristiche angeliche quali la dolcezza, la femminilità, la grazia, ma nascondono un lato oscuro, una forza interiore sorprendente. È il tipo di donna che ciascuno vorrebbe avere accanto e che viene incarnato perfettamente in personaggi come Trinity, Galadriel o Tinker Bell. Da qui il titolo Half Angels. Dal punto di vista strumentale è poi la prima volta che il mio piano viene affiancato da strumenti come violino e violoncello, ma soprattutto batteria, basso e strumenti elettronici. È stato registrato dal febbraio 2008 al marzo 2009: la gestazione del disco si è avvalsa di una grande collaborazione con Pino Zingarelli, mio collega a Radio Rai Tre, che mi ha seguito con uno scrupoloso lavoro di editing musicale, oltre ad aver contribuito con le percussioni e il basso.
È del 1994 l’album intitolato Racconti brevi, del 2003 quello dedicato al Signore degli Anelli, Il decimo anello. Tornano poi in Half Angels alcune delle figure femminili più celebri della letteratura, una tra tante quella di Tinker Bell, Trilly Campanellino, nata dalla penna di James Mathew Barrie. Qual è il tuo rapporto con il letterario?
La letteratura è un’immensa miniera di immagini, una grandissima ispirazione per creare suggestioni attraverso il suono. È forse questo il motivo su cui si fonda una delle mie più grandi aspirazioni, cioè quella di comporre musica per film. Fino ad ora la mia esperienza si limita a due brani scritti per Verdone in ‘Grande, grosso e verdone’ e ‘L’amore finchè dura’. Mi piacerebbe poter lavorare di più in questa direzione.
Autore: Olga Campofredda
www.arturostalteri.com