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Intervista: Cluster

di Redazione
31 Gennaio 2016
in Interviste
Tempo di lettura: 7 minuti
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Innanzitutto bisogna ricordare che Dieter Moebius e Joachim Roedelius suonano insieme da quarant’anni, le registrazioni per “Klopfzeichen”, primo album dei radicali Kluster con il violoncellista C. Shnitzler, sono datate 21 dicembre 1969.

Oggi, dopo una carriera straordinaria e probabilmente unica, esce “Qua”, edito dalla Klangbad del Faust Hans-Joachim Irmler e con Tim Story nelle vesti di produttore che, stando ad alcune dichiarazioni rilasciate, ha apprezzato e rilanciato ancora una volta la grande capacità compositiva dello storico duo. “Qua” è un bell’album di semplice musica elettronica, merce di questi tempi piuttosto rara se escludiamo le imponenti releases techno-oriented, ormai indiscusse padrone della scena.

C’è poco da meravigliarsi però, i Cluster hanno sempre avuto un approccio reale e concreto con la “contemporaneità”, Roedelius e Moebius si sono lasciati appena coinvolgere dal digitale, nel senso che diciassette pezzi sono abbastanza rispetto a quanto proposto nelle precedenti uscite della coppia. Si cade in errore fare paragoni con l’indissolubile passato, il disco in oggetto fila dritto fino alla fine, complice l’ottima scelta del percorso eufonico dei brani. La ricchezza non ridondante di sonorità usate con la sapienza dei maestri minimalisti, non rende prolisse le esecuzioni e le atmosfere, questa volta non lunari, possono sembrare altresì notturne, intense e anche misteriose come in “Gissander” con melodie eteree eseguite da fauni. I beats sono fluidi e quindi la meccanicità di un tempo è lievemente tralasciata, e in alcune vicende pare di trovarsi davanti ad un album della Raster-Noton o similari. Tutte queste considerazioni fanno sì che “Qua” in ogni momento può prendere direzioni non apparentemente in programma, del resto i Cluster hanno sempre avuto un forte senso compositivo molto più “fisico” che “elettronico”, tradotto sempre in una certa flessibilità e imprevedibilità. Scendono sulla terra quindi e ricreano ambienti sonori idealizzabili in un museo di arte contemporanea. L’ipotetico incontro con il passato, a metà strada tra “Zuckerzeit” e “Sowiesoso”, avviene in “Albtrec Com” sospesa tra un motivetto da castello della Disney in attesa di Cenerentola e una vignetta di “Peanuts”, in questo caso i Cluster dimostrano ancora una volta di conoscere alla perfezione il suono e quindi una precisa consapevolezza e “responsabilità” di ciò che stanno facendo, in ogni istante del disco, fermo restando un forte distinguo tra le personalità artistiche dei due.

Il 19 dicembre 2009 i Cluster si sono per la prima volta esibiti a Napoli, al Kaleidoscope Festival. Un live che sa di confronto, ma non di sfida, con le nuove generazioni anzi, va apprezzato il coraggio di porsi sempre in discussione. Tra l’altro Moebius e Roedelius hanno deciso di suonare live solamente il disco descritto poc’anzi. Appena entrati nel club, Moebius confessa: “Spero che non sia troppo grande per noi”. Fa un certo effetto sentir dire certe cose da un così rilevante esponente di un mo(vi)mento che ha creato cultura. I dischi e le notizie sui Cluster sono arrivate sempre col contagocce e con una limitata attendibilità, un po’ come per l’Iliade e l’Odissea che sono state tramandate oralmente per secoli e che hanno visto Omero in veste di notaio delle gesta di Ettore, Achille, Ulisse e associati.

Il locale, in effetti, sarà piuttosto spazioso. Resta il prestigio di aver ospitato e intervistato una delle più grandi band di tutti i tempi e che sul tempo stesso ha concentrato la sua sfida. Interessante quanto afferma Julian Cope nel suo Krautrocksampler a proposito di “Musik Von Harmonia”: “Non sembra prodotto da musicisti contemporanei, esiste in un’epoca che non è la nostra”.

Ho ascoltato “Qua”, il vostro nuovo album. E’ un bel disco di musica elettronica e siete tornati a comporre dopo parecchio tempo. Cosa ci potete raccontare di questa nuova esperienza?
Moebius: “E’ stato molto bello lavorare finalmente in studio di nuovo, con un ingegnere del suono e altri strumenti elettronici, possibilità nuove.
Roedelis: “Non c’è niente di veramente nuovo, seguiamo il nostro percorso cominciato a Berlino nel 1969 e finirà in un luogo qualsiasi dell’universo e finché saremo qui sulla Terra, suoneremo in studio o dal vivo nello stile della “scuola dell’improvvisazione” che stabilimmo a suo tempo.
Generalmente avete usato strumentazione acustica. Per registrare “Qua” avete usato tecnologia digitale e nuovi sintetizzatori, apprezzate questo modo di suonare, che differenze ci sono considerando il vostro modo “fisico” di comporre musica?
Roedelius: “Non uso solo strumenti acustici nei miei lavori solisti, suono tutto ciò che è utilizzabile e ragionevole a essere usato a un certo punto della creatività/produzione. “Qua” è stato fatto da due di noi solo con apparecchiature digitali, assestate e arricchite da Tim Story che ha completato le tracce con i suoi studio-tools e plug-in.
Suonate ancora “free” o sessioni improvvisate?
Moebius: “Si, improvvisiamo sempre la maggior parte delle volte”.
Roedelius: “Ovviamente, pressoché tutte le volte, eccetto quando sono in tour con la mia collega Alessandra Celletti o quando suono solista recitando le mie poesie.
Esattamente quarant’anni fa, il 21 dicembre 1969, avete registrato “Klopfzeichen” in un’unica sessione, a quei tempi pensavate di arrivare fino a oggi con una carriera ricca di soddisfazioni?
Moebius: “No, nessuno sulla terra è capace di guardare avanti nel futuro di quarant’anni.”
Ci potete raccontare della vostra esperienza a Forst e delle registrazioni di “Musik Von Harmonia” e “Deluxe”?
Moebius: “Ci furono due modi diversi di registrare, la prima armonia fu improntata molto simil-Cluster. La seconda, Deluxe, fu molto più costruita, molto più elaborata”.
Roedelius: “Specialmente “Musik von Harmonia” fu composto nella maggior parte dei casi nel modo in cui i Cluster avevano suonato dal vivo e in studio, improvvisando. Ci sono alcune live-tracks da diversi concerti in “Deluxe”, ma è in qualche modo un disco elaborato, basato sull’abilità compositiva di Micheal Rother, ma con l’approccio alla musica dei Cluster come si sente dal background o meglio ancora nei brani stessi.
Nei mesi scorsi è uscito “Tracks and Traces re-released”, cosa pensate oggi di quelle sessioni con Brian Eno? Ha mai avuto modo di manifestare il rispetto che prova per voi?
Roedelius: “Brian venne nella nostra località rurale e fu felicissimo di far parte della nostra comunità. Il nostro rapporto non è stato tutto concentrato sulla musica/registrazioni, ma per il puro piacere di stare insieme e condividere la propria presenza l’uno con gli altri. Ci siamo divertiti molto insieme e questo lo si può sentire dalle tracce dei dischi. Leggete la nuova biografia di Brian Eno “On Some Faraway Beach” scritta da David Sheppard. In quest’occasione Brian parla della sua collaborazione con i Cluster e gli Harmonia con grande rispetto”.
Molta gente oggi non conosce il nome di Connie Plank. Un ricordo per questo grande tecnico/musicista.
Moebius: “E’ stato meraviglioso e un grande aiuto per molti gruppi a quei tempi.”
Roedelius: en.wikipedia.org/wiki/Conny_Plank, troverete moltissime informazioni su Connie. E’ stato un ottimo amico e ci ha sostenuti al massimo. E’ stato un membro silenzioso del gruppo fintanto che producevamo nel suo studio. Ha aiutato i Cluster con i suoi consigli sul come usare lo studio come uno strumento.
Potete spiegarci la grande esplosione culturale avvenuta in Germania all’inizio dei seventies?
Roedelius: “Non c’è molto da spiegare. Nel mondo c’era tanta sofferenza a causa della Seconda Guerra Mondiale, fascismo e comunismo. Così era il momento adatto a un cambiamento dopo quella guerra, la quale è essa stessa un evidente processo culturale che sfocia in tali catastrofi anche a causa dell’imminente cambiamento del millennio con tutte le sue turbolenze. Soprattutto il fatto che stavamo entrando in un nuovo millennio fu la base per tutti i cambiamenti positivi nel contesto sociale.”
Moebius: “Negli anni sessanta e nei settanta non esisteva una propria identità musicale. C’era solo Shagler e chiaramente musica classica, oppure band che volevano fare rock imitando quelle inglesi o americane. Così abbiamo preferito “sfuggire” e fare qualcosa di veramente nuovo.”
Oggi è un buon momento per la Kosmische Musik. Molte riviste specializzate hanno riscoperto il fenomeno e le ristampe oggi escono fuori dal nulla. Inoltre c’è una buona attività di musica live e qualche nuovo disco. Vi capita di incontrare musicisti di quel momento?
Moebius: “Si, a volte incontriamo qualcuno ai festival, ma molti di loro fanno la stessa cosa di vent’anni fa!”
Roedelius: “Non siamo mai stati parte del Kosmische Movement, non ci siamo mai rispecchiati in quella categoria e abbiamo lavorato sempre separatamente da quella scena etichettata come Krautrock. Abbiamo creato la musica dei Cluster come un’etichetta speciale all’interno del campo della musica elettronica e contemporanea. Ma spesso li incontriamo coloro che sono stati parte di gruppi identificati nella Kosmische, anche se non suoniamo insieme. Molti di loro come Klaus Schulze, Florian Schneider-Esleben, Manuel Goettsching ed altri sono nostri amici!

Autore: Luigi Ferrara


dietermoebius.de –

meridianguides.com

roedelius.com –

www.myspace.com/roedelius

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