Christian il maestro dell’elettronica, colui che da chitarrista punk-rock diventa nel tempo lo sciamano di glitch e manopole, in grado di ammaliare Ryuichi Sakamoto e David Sylvian. Una musica che non si limita a sperimentare concettualmente ma che, durante il suo scorrere, lascia fluire tutta la sua essenza più onirica ed eterea. L’austriaco Christian Fennesz è senza dubbio fra i più ironici e complessi autori della nuova generazione. Con un passato da chitarrista punk, Fennesz ha saputo unire il suono acido e distorto della sua chitarra elettrica con i glitch e i rumori generati dal suo laptop, con una cura maniacale per dettagli e prospettive, in chiave elegante e potente, ma sempre sensibilmente al confine tra sperimentazione e ammiccamenti elettrici. Con il suo album di esordio nel 1997 per la label Mego, “Hotel Parallel”, ha indicato il sentiero della musica glitch elettronica dell’ultimo decennio; percorso proseguito con i successivi “Plus forty seven degrees 56′ 37″ minus sixteen degrees 51′ 08″” (Touch Records) e “Field Recordings 1995:2002”, senza in questo dimenticare i capolavori a sei mani, insieme ai compagni Jim O’ rourke e Peter Rehberg, ancora per la Mego, di “Magic Sound of Fenn O’ Berg” e “The Return of Fenn O’Berg”. Fennesz è un compositore sperimentale perspicace e visionario, in grado ad esempio di rigenerare in una manipolazione critica e riflessiva il paradiso perduto dell’infanzia del rock nell’album del 2001 “Endless Summer”, profonda riflessione in suoni sulla genuina e tramontata freschezza dei Beach Boys. Le melodie di Fennesz penetrano in profondità trasparenti, scrutate brevemente con uno sguardo rivelatore. Strati di note scintillanti avvolgono oggetti musicali sconosciuti incorporandoli in sé. Il sound di Fennesz è considerato il più visivo dell’elettronica contemporanea, quasi pittorico: così in “Endless Summer” la solare California sembra vista con gli occhi di un alieno, mentre in “Venice” (del 2004, album registrato in parte proprio a Venezia) il riverbero di canali e maestosi edifici riluce di grazia spaziale. Fra austerità e caos, introspezione e battiti, la musica di Fennesz riflette una mente dalla scientifica creatività che crea universi elettronici, genialmente attraversati da vividi arrangiamenti d’archi. Questo ulteriore sviluppo artistico ha aperto a Fennesz nuovi territori di analisi e di ricerca, sempre attento, da par suo, a ciò che gli accade intorno.
“Black Sea”, infine, ultimo lavoro dell’artista austriaco, si presenta come la più profonda testimonianza della sua emotività e della sua poetica: le levigate ricercatezze linguistiche contaminate dal glitch e dall’industrial “ambientale” degli anni ’60 di Endless Summer (già smussate nell’altro gioiello Venice) vengono qui azzerate del tutto permettendo agli istinti basilari di esprimersi nella maniera più spontanea possibile; il risultato non è nient’altro che una musica atmosferica, intensa e riverberata, una musica che non si limita a sperimentare concettualmente come accadeva nei precedenti lavori ma che, durante il suo scorrere, lascia fluire tutta la sua essenza più onirica ed eterea.
Queste le due date imperdibili:
16 aprile Venezia – Teatro Fondamenta Nuove
24 aprile Firenze – Teatro la Pergola + Lillevan visuals
Autore: red.
www.fennesz.com