A tre anni dall’album “Venti” il miglior cantautore rock italiano pubblica il suo decimo disco. Rispetto ai lavori precedenti in questo nuovo capitolo troviamo brani che rappresentano la continuità con il suo recente passato per l’approccio musicale, imperniato su ballatone di rock elettrico con qualche intarsio di chitarre punk taglienti; e per i testi nei quali non si risparmiano invettive e critiche si tematiche e dinamiche socio-politiche confermando la sua efficace, e solita, lettura della realtà. Come in “Venti”, inoltre, ci sono anche diverse citazioni, ed auto-citazioni, rielaborate e rilette alla sua maniera attraverso testi ben equilibrati tra i momenti romantici e come detto rivolti al sociale.
Alla prima tipologia appartiene la dolce, ma non sdolcinata “Solo stupida poesia”. La title-track invece rientra nella seconda tipologia di testi che, con un bellissimo tiro rock, mette in musica la strategia del potere creando paranoia e panico nella popolazione per controllarlo. Su questa stessa lunghezza d’onda si pone la traccia “Come si sta (la guerra di Pierrot)”, che tratta il tema delle nuove paure imposte dal potere e con un bellissimo rock incisivo evoca le ballate rock-blues dei Litfiba. In “Morti per niente” cita il Conte di “Genova per noi” riprendendo i fatti del G8 di Genova e autocitandosi; per ribadire un vecchio adagio secondo cui i partigiani sono morti per niente. “Morti per niente” è il brano centrale di questo disco che a modo suo Canale ribadisce la necessità di fare ancora “resistenza”. Il brano che rospecchia maggiormente la continuità con “Venti” è senz’ltro “C’era ancor il sole”, che sembra in continuità con “Eravamo noi”. E’ un raconto quasi distopico con una carica springsteeiana, nella quale emerge il disincanto per come si è trasformata la società attuale che ha messo in discussione certi principi costituzionali e soprattutto ha tenuto nascoste le istanze fascistoidi ormai imperanti. Questo brano fa il paio con “Quando si spegne il sole” in cui emerge una panoramica pre-apocalittica e torna a manifestare il suo astio verso la religione. Se in “Un filo di fumo” parla di 41bis per vendetta e invita i ragazzi a difendersi ‘da questa caccia alle streghe infinita’ nella pop-rock ballad di “Pulizie etniche” il nostro si domanda che cosa è andato storto, se il politicamente corretto ha cancellato il diritto di satira mentre impazzano gli influencer. Probabilmente il testo migliore dell’intero album. Tra i brani in tracklist trova spazio un momento in cui Canali si mette a nudo con tutte le sue debolezze tessendo “Meteo in quattroquarti”. Nel finale Canali, con i sempre sodali Rossofuoco, hanno pensato ben pensato di coverizzare “Fine del mondo” degli Aleph Viola, una brano che raggiunge i favori di chi vi scrive e diversifica un finale già finemente raggiunto.
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