Settimo disco della prog metal band americana Coheed and Cambria capitanata da Claudio Sanchez, e secondo episodio del doppio album il cui primo CD è stato pubblicato nell’Ottobre 2012 col titolo The Afterman: Ascension e copertina molto simile, questo nuovo The Afterman: Descension prosegue la saga fantascientifica creata da Sanchez assieme a Peter David e disegnata da Guz Vasquez, che va avanti parallelamente da 11 anni sia come fumetto d’autore intitolato The Amory Wars, che come versione musicale, con le canzoni della band che ripercorrono gli stessi avvenimenti del mitico sistema solare Heaven’s Fence in cui interagiscono i due protagonisti Coheed e Cambria, perseguitati da un destino avverso.
Quello che agli esordi – il primo album risale al 2002 – era un interessante connubio tra prog metal ed emo ha in realtà lasciato il passo, già da qualche disco, ad una narrazione musicale piuttosto uguale a se stessa e priva di sorprese malgrado le repentine ascese epiche sonore, in cui i tanti rimandi al prog metal classico di Rush e Marillion, dei quali i Coheed and Cambria si pongono quali discendenti assieme ai più tecnici Dream Teather e Stratovarius, e poi al glam – i nuovi Coheed assomigliano moltissimo ai britannici The Darkness, grazie anche alla voce alta del cantante – si amalgamano in maniera a seconda dei casi più o meno efficace su robuste ritmiche moderne di emo e metal americano, per intenderci quello senz’anima, magari d’impatto, urlato e comunque radio friendly che sta affossando il genere tra una soundtrack di Capitan America ed una valanga di merchandise in plastica.
Pur complessivamente piacevole da ascoltare, prodotto in maniera impeccabile, privo degli interminabili assoli di tastiera tipici del genere, con brani brevi e con anche vari buoni episodi singoli come gli inni metal ‘Gravity’s Union‘ e ‘The Hard Sell‘, e come ‘Number City‘ che ci sembra citare ‘The Lamb Lies down on Broadway‘ dei Genesis, ecco malgrado ciò Descension sembra un lavoro tuttavia non sufficientemente rilevante, probabilmente perchè all’annosa questione su cosa farcene di una cosa inconcludente come il prog metal propone un’opzione eretica, almeno per i puristi: darlo in pasto ad un pubblico più vasto in una forma più commestibile. Inutili brani lenti infilati in sequenza nella seconda metà ne fanno crollare lo spessore.
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autore: Fausto Turi