Se prima eravamo in sette a cantare l’alligalli, adesso siamo in otto a cantare l’alligalli. Questo potrebbe essere il mantra ideale per raccontare la storia di questo atipico gruppo musicale residente a Londra ma composto da artisti che provengono da tutto il mondo tra cui Europa, Nuova Zelanda e Sud Corea. Il gruppo era composto inizialmente dalla cantante Emily, dal chitarrista Harry, dal batterista Tucan e da altri artisti che si alternavano agli strumenti e alla produzione di arti visuali; non contenti hanno imbarcato l’ottavo elemento, la giapponese Orono Noguchi che ha completato l’ensemble. L’ho definito “atipico” perché non è composto da semplici musicisti ma da “artisti” eclettici che si occupano di musica (chiaramente) ma anche di arti visive sperimentali che si esplicitano nei loro video molto ironici e colmi di idee.
Il risultato non poteva che essere un disco molto vario che subito dal primo brano tende a spiazzare l’ascoltatore poiché infarcito di mille idee: si parte con una voce maschile rappata che cammuffata dagli effetti anticipa i suoni dei synth; arriva poi la voce delicata e malinconica di Orono Noguchi che viene sovrapposta e mescolata ai cori degli altri cantanti. Il brano è composto da un ritornello vibrante, da momenti rap e da fasi più tenui e delicate amalgamati insieme ad una valanga di suoni che rende il tutto indecifrabile ma proprio per questo molto godibile. Si prosegue poi con un brano ellettro-psichedelico (Everybody Wants to Be Famous) che contiene un altro ritornello orecchiabilissimo e la complessa Reflections On The Screen, più intima e riflessiva. Nai’s March spicca per la sua stranezza: la parte centrale, dopo una serie di jingle che sembrano usciti dalla pubblicità, è contraddistinta da suoni che sembrano voler imitare la voce.
A metà disco però, cominciano i guai: i brani che si susseguono sono tutti gradevoli ma si assomigliano troppo l’uno con l’altro; in ognuno prevale l’intenzione di stupire ma il risultato non soddisfa in pieno: la diversità che si percepiva all’inizio dell’ascolto diventa monotona, si omogeneizza e alla lunga non diverte più; non si percepiscono infatti cambi di ritmo o di tono e ciò alla lunga annoia. Insomma, queste dieci canzoncine risultano molto carine prese una per una ma ascoltando l’album nella sua interezza si rischia di terminare l’ascolto con un po’ di delusione.
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autore: Claudio Prandin