Con un disco, “Beautiful seizure” (pubblicato dalla Leaf), assolutamente straordinario, i volcano! – da Chicago – riformulano le regole del rock “d’avanguardia”, contaminando coraggiosamente post-rock, free jazz, rumorismi ed elettronica, bilanciando sperimentazione ed emozioni, oltranzismo sonoro e subdoli ammorbidimenti melodici. Ne parliamo con Mark Cartwright.
Innanzitutto: potete introdurre i volcano! ai nostri lettori? Da quanto tempo suonate assieme? Avevate altri progetti musicali prima di formare la band?
I volcano! sono: Mark Cartwright (basso, elettronica), Sam Scranton (batteria, percussioni) e Aaron With (voce, chitarra). Suoniamo assieme ormai da tre anni. Io ed Aaron ci siamo incontrati al college, e suonavamo già assieme in una band prima di formare i volcano!. Quando il gruppo si sciolse, abbiamo deciso di continuare a suonare assieme per portare avanti un po’ di idee musicali che in quel periodo ci eccitavano. Poco dopo aver preso questa decisione, Sam, un amico di Aaron dei tempi del liceo, decise che aveva voglia di entrare in una rock band (dopo aver suonato per anni in formazioni jazz) e gli chiese se poteva unirsi a noi.
E’ strano vedere una rock band nel catalogo della Leaf: ci puoi dire com’è nato il rapporto con questa etichetta?
Beh, in verità eravamo tutti fan della Leaf. Era una delle poche etichette che avevano nel proprio roster quasi tutti artisti che apprezziamo enormemente! Ci siamo detti: “anche se nel loro catalogo non hanno niente di simile a noi, se ci piacciono così tanti dei loro artisti, dobbiamo pur avere dei gusti musicali in comune, e magari anche noi gli piacciamo”. E’ bastato spendere un dollaro e mezzo per la spedizione del cd, ed abbiamo finito per trovare in loro l’etichetta che ha dimostrato maggior interesse nella nostra musica. Alla Leaf lavorano persone fantastiche. Siamo decisamente felici.
La vostra musica è molto distante dalla comune idea di “pop”, ma – anche se in maniera subdola – nel vostro album ci sono parecchie tracce di melodie. Qual è il vostro rapporto con la forma-canzone e con la melodia?
In fase di composizione, tendiamo a gettare assieme molti degli elementi musicali che ci piacciono. Così, seppure ci sono spesso delle improvvisazioni e delle parti molto rumorose, ci piace che questi elementi siamo incorniciati in un contesto vicino a quello di una “canzone”, dove c’è comunque una struttura e una sorta di “base” per l’ascoltatore.
Questa “struttura” comprende ovviamente delle melodie, dal momento che queste danno all’ascoltatore qualcosa cui “aggrapparsi” quando il tappeto sonoro si fa più “free” e sperimentale.
La musica dei volcano! è molto intricata e complessa, ma è anche molto “emozionale”. Sembra che siate alla costante ricerca di un compromesso tra “cuore” e “cervello”. Mi sbaglio?
In verità non pensiamo che il cuore e il cervello siano due entità che si escludono a vicenda. Crediamo che nella musica siano entrambi indispensabili, e noi cerchiamo di incorporarli. Non crediamo siano elementi che necessariamente devono entrare in conflitto: noi semplicemente cerchiamo di includerli entrambi. Probabilmente, però, quando scriviamo la nostra musica usiamo più “cervello”, mentre quando la suoniamo usiamo più “cuore”.
Che mi dici dei testi delle canzoni? C’è una fonte d’ispirazione particolare?
Nonostante la musica dei nostri brani sia scritta con la collaborazione di tutti i membri della band, i testi sono scritti tutti esclusivamente da Aaron. Le sue fonti di ispirazioni sono diverse, ma tendenzialmente cerca sempre di descrivere delle immagini, attraverso dei testi nei quali le persone possono ritrovare una propria interpretazione personale.
Che processo seguite in fase di scrittura? Parte tutto dall’improvvisazione, o prendete spunto da qualche idea più “concreta” portata da qualcuno di voi?
Dipende. Spesso le canzoni nascono da un singolo frammento. Questo frammento può essere un ritmo, una melodia, una progressione di accordi, un suono di synth etc…, e può essere sia portato da uno di noi, sia “scoperto” attraverso l’improvvisazione. Da quella idea iniziale, solitamente iniziamo a costruire il pezzo in maniera collettiva: è un processo che comprende lunghe jam-session, discussioni su che tipo di canzone vogliamo che esca fuori e in che direzione vogliamo che vada. Il lavoro continua al di fuori della sala prove, dove ognuno lavora sui singoli elementi, prima di “riportarli” all’attenzione degli altri. E’ un processo lungo e laborioso. Non siamo molto veloci, nello scrivere le nostre canzoni.
Che mi dici di Chicago? La scena musicale è ancora così viva come qualche anno fa? Vi sentite parte di questa scena?
Chicago è una città fantastica. Ci sono tonnellate di musica, dei più diversi stili e generi. Ma non sembra esserci una scena molto coesa, dal nostro punto di vista. Forse fa eccezione giusto quella free-impro-jazz. Ma noi onestamente non ci sentiamo parte di alcuna scena. Abbiamo parecchi amici musicisti, ma non suoniamo quasi mai assieme, né abbiamo particolari affinità stilistiche.
Parlami dei vostri concerti: riuscite ad essere ancora più rumorosi che su disco, quando suonate dal vivo? C’è una componente della vostra musica che viene fuori più che nelle registrazioni?
I live show sono abbastanza simili al disco. Il nostro approccio alla dimensione live è molto simile a quello della registrazione di un disco. Il concerto può essere più rumoroso, credo, ma forse giusto perché il suono può essere un tantino più “duro” che su disco. Le persone ci dicono che tendono a comprendere meglio la nostra musica, dopo averci visto live. Credo che questo sia dovuto semplicemente al fatto che possono rendersi conto da dove provengono tutti i suoni che hanno ascoltato su disco, e percepire la “fisicità” di come sono stati generati e di come interagiscono tra loro. Forse così è un po’ meno complicato capire la nostra musica.Autore: Daniele Lama
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