Bruno Dorella (nella foto) è uno dei personaggi più interessanti del panorama rock italiano. È un artista nel senso più largo del termine. Suona con tre gruppi, nei quali fa cose molto diverse, ma vorrebbe fare di più. Per questa occasione lo abbiamo intervistato per il progetto degli OvO, che condivide con sua moglie Stefania Pedretti, un progetto molto viscerale che comunica molto a livello di stomaco ed è poco mediato dalla parte razionale. Bruno, che è anche fondatore e responsabile dell’etichetta Bar La Muerte, purtroppo in una fase di stand by, ha risposto in maniera molto generosa e puntuale alle domande. Le sue risposte sono una miniera che fanno riflettere molto sul mondo del rock indipendente.
Voi tendete sempre alla sperimentazione, ma dove volete arrivare?
Inizialmente siamo partiti con il lavorare soltanto con un flusso di coscienza musicale, senza accordi, senza preparare nulla, facevamo soltanto dell’improvvisazione nichilista. Da quando siamo rimasti in due abbiamo continuato a fare della musica estrema e rumorista, ma composta. Già da “Cicatrici”, il livello di improvvisazione è calato notevolmente, la parte non composta sarà stata il 10%, c’è stata una maggiore quadratura ed i pezzi sono più semplici da capire. In effetti, è difficile dire fin dove ci si può spingere, ci sono gruppi che attualmente in Italia stanno sperimentando molto più di noi. Attualmente suoniamo qualcosa è un misto di punk e metal-core, non sappiamo ancora dove arriveremo, forse il prossimo anno faremo un disco di free jazz, chi lo sa! Per rispondere alla tua domanda, quindi, non abbiamo alcun obiettivo. Vogliamo parlare dalle nostre viscere a quelle degli ascoltatori, ci piacerebbe che la nostra musica così come è stata scritta senza pensare, fosse ascoltata senza pensare, ma solo con lo stomaco.
In “Crocevia” c’è molto metal, è una delle vostre tante influenze, fa parte del vostro background o l’esprimervi in quel modo è stata un’esigenza del momento?
Il metal, l’hardcore, il punk, sono tutti elementi che fanno parte del nostro background. Souls at Zero dei Neurosis è uno dei dischi che ci ha cambiato la vita. Allora ero un giovane hardcoraro e quel disco mi ha aperto un mondo: la contaminazione tra generi, il saper essere unici o personali anche all’interno dei generi musicali. Da allora non mi sono più posto limiti e ho cercato di smettere di scimmiottare gli altri per arrivare ad una via personale alla musica. La sbandata metal degli OvO potrebbe essere anche solo momentanea, ma che divertimento! Giovanni dei Bachi da Pietra è venuto a vederci qualche tempo fa a Milano e mi ha detto “Questo è il metal che ha senso fare oggi”.
Dal vivo riuscite a riprodurre le sonorità dello studio? Qual’è la principale differenza tra il suonare dal vivo ed in studio?)
Il problema semmai è il contrario, almeno per noi. Riuscire a riprodurre in studio il carro armato che siamo dal vivo. Non ci siamo mai riusciti. E’ semplicemente impossibile, a causa del modo eterodosso con cui creiamo i suoni. Cioè, non è difficile riprodurre quello che suoniamo, ma come lo suoniamo. Chitarre che montano corde da basso accordate tanto in basso da essere quasi impossibili da registrare, bassi usati come batteria, una batteria fatta di timpano, rullante e un piatto che deve suonare come un set completo di doppia cassa… tutto questo in studio è difficile da rendere. Con “Crocevia” abbiamo deciso di fare l’opposto. Comporre il disco in studio e poi adattare i pezzi al live. Molto meglio…
Riuscite a mantenervi con l’attività musicale?
Più o meno sì. Cioè, se ti diciamo di che cifre si parla ti metti a ridere. Ma riuscendo a suonare tutto l’anno (Stefania con OvO, Allun ed ?Alos, io con OvO, Bachi Da Pietra e Ronin) riusciamo a tenerci a galla. E’ l’unico modo per poter cercare di campare della propria musica (soprattutto se non fai roba commerciale). Ho letto da qualche parte un’intervista a Massimo degli Zu che diceva “se vuoi spaccare devi fare 100 concerti all’anno. Se vuoi fare 100 concerti all’anno non puoi avere un lavoro fisso”. Soprattutto se i concerti li facciamo in tutto il mondo, aggiungo io. Semplice no?
Come avviene la composizione dei brani?
Di solito partiamo da un mio pattern di batteria e Stefania ci suona sopra. Altre volte invece è un riff di Stefania. Altre volte diciamo “facciamo un pezzo rockabilly”, e allora ci mettiamo a suonare la versione “OvO” di un pezzo rockabilly. Non c’è un metodo vero è proprio, è tutto molto naturale… viscerale.
Perché i titoli dei vostri lavori hanno sempre un alone inquietante?
Ci piace l’estetica del metal. Sia iconograficamente sia per quanto riguarda una certa sibillina inquietudine dei titoli. Ma i titoli degli album hanno anche a che fare con le nostre vite. “Cicatrici” ha a che fare con un periodo difficile nelle nostre vite che ci ha lasciato segni indelebili. “Miastenia” è una malattia che ci ha portato via un elemento della nostra famiglia. “Crocevia” è un gioco di parole che riguarda un momento estremamente importante della nostra vita, una potenziale
tragedia che abbiamo trasformato in qualcosa di diverso, qualcosa che potrebbe anche diventare positivo, ma è allo stesso la “via crucis” che ci ha portati a superare qual momento. Non voglio spiegare esattamente di che si tratta perchè sono cose molto private, ma ogni volta che esce un disco degli OvO ci troviamo sempre in situazioni estreme…
In qualche modo Ronin e Bachi da Pietra influenzano gli Ovo?
In qualche modo fanno parte della mia crescita artistica e professionale, quindi certamente sì. Imparo da tutti i gruppi con cui suono, di continuo.
Dividendoti con questi tre progetti riesci a sfogare tutte le tue inclinazioni?
Purtroppo no. Vorrei fare molto altro. Vorrei un trio metal in cui suono basso e voce. Vorrei fare del free jazz, in particolare col mio amico Mat Pogo alla voce. Vorrei scrivere più colonne sonore anche solo a mio nome e non solo come Ronin. Vorrei suonare il contrabbasso in un gruppo rockabilly. Vorrei fare più roba anche da solo, sound art, musica sperimentale, magari anche canzoni… Non ho veramente il tempo di farlo.
Seconde te quanto ancora c’è da scoprire nel rock?
Buona domanda. Se paragoniamo il rock alla musica elettronica il paragone non esiste. E’ nella musica elettronica che si scopre e si sperimenta veramente oggi. Ma questo non vuol dire che nel rock sia stato detto tutto. Lentamente e costantemente escono fuori gruppi che dicono qualcosa di nuovo. E’ che la gente non se ne accorge, o anzi spesso li rifiuta. Il pubblico rock tende ad essere abbastanza reazionario. Aguzzate i sensi, abbiate voglia di cercare, scoprire, annusare, rischiare. C’è ancora tanta bella musica in giro!
E quanto da rimiscelare?
Parecchio. Anzi, proprio nella contaminazione (soprattutto con l’elettronica) sta il futuro del rock.
Come va l’attività della Bar La Muerte?
E’ un po’ in standby a causa dei miei molteplici impegni come musicista e a causa di un fastidioso processo penale che da un paio d’anni mi impedisce di correre rischi economici. Ma spero di tornare presto alla piena attività. Per ora mi limito a delle coproduzioni. E’ appena uscito il disco dei francesi Le Singe Blanc, sta per uscire il nuovo Fuzz Orchestra e c’è in arrivo anche uno split OvO/Claudio Rocchetti.
Autore: Vittorio Lannutti
www.loadrecords.com – www.myspace.com/ovobarlamuerte