Non poteva essere che Julien Temple, regista da sempre legato alla storia del punk (è suo, lo ricordiamo, il celebre “The Great Rock And Roll Swindle”, dedicato ai Sex Pistols) ed apprezzatissimo autore di videoclip, a concepire e dirigere un film dedicato alla figura quasi mitologica di Joe Strummer, indimenticabile leader carismatico dei Clash (“The only band that matters”, come sosteneva Lester Bangs).
Per rievocare la vita – turbolenta, tormentata, affascinante – di John Graham Mellor (questo il vero nome di Strummer, nato ad Ankara, in Turchia, nel 1952), Temple si affida a filmati d’epoca, registrazioni audio di vecchie interviste, ma soprattutto alle voci di amici, compagni di avventura, ex-fidanzate, e star che l’hanno conosciuto o semplicemente amato artisticamente (Bono, Martin Scorsese, Jim Jarmush ed un evitabile Johnny Depp), intervistati davanti ad un falò: seduti davanti ad un fuoco diventano tutti uguali, vecchi fricchettoni e divi del cinema, rocker imbolsiti e gente comune.
L’infanzia passata a spostarsi in giro per il mondo (il padre era un diplomatico), la difficile vita in collegio (segnata dal dramma del fratello minore morto suicida), le prime esperienze musicali (quando Joe si faceva ancora chiamare Woody, in omaggio a Woody Guthrie), la sua prima, vera band: i 101’ers, la nascita dei Clash e i problemi subentrati col successo clamoroso che li travolse…tutto viene rievocato dalla voce dello stesso Joe e da vari co-protagonisti della storia.
La prima parte del film sembra in effetti una trasposizione in immagini della recente, bellissima, biografia dei Clash scritta da Pat Gilbers (“Death or Glory”, pubblicata in Italia da Arcana un paio d’anni fa). Ma i veri fan dei Clash non possono fare a meno di notare alcune lacune imperdonabili. Paul Simonon, il bassista della band, è l’unico a non aver dato la sua disponibilità a partecipare al film (mentre appaiono un Mick Jones un tantino imbarazzato, e Topper Headon, che ricorda malinconicamente i suoi gravi problemi con la droga), e per questo è stato quasi “rimosso” dalla storia della band, nonostante la sua importanza indiscutibile nell’evoluzione dei Clash e nella contaminazione del loro sound.
La seconda parte del film è forse quella più interessante, perché mostra uno Stummer meno noto: dal disastroso tentativo di portare avanti i Clash da solo dopo la disfatta al lavoro come autore di colonne sonore, dagli insuccessi solisti e le comparsate con i Pogues alle comparse come attore, dalla scoperta dei rave-party alla ri-nascita con i Mescaleros. E’ uno Strummer malinconico, un borghese padre di famiglia ingrassato, ma sempre capace di emozionarsi e di emozionare.
Temple ripercorre la storia di un mito del rock con lo sguardo del fan. Dell’amico-fan. Il rischio dell’agiografia è di conseguenza sempre dietro l’angolo. La formula della chiacchierata vicino al fuoco all’inizio è anche piacevole, ma sicuramente non aiuta a tenere vivace il ritmo del film (e visto che stiamo parlando della storia del punk-rock, non è una cosa normale, ritrovarsi a sbadigliare). Un lavoro che non m’ha convinto pienamente e che probabilmente non aggiunge niente di nuovo a quanto non si sappia già riguardo la storia dell’artista e della band.
Autore: Daniele Lama