Difficile seguire il catalogo di Will Oldham nella sua interezza: questione di moniker, innanzitutto (ne abbiamo quasi perso il conto, tra Palace eccetera, Bonnie Prince Billy e il nome di battesimo, che ogni tanto fa la sua ricomparsa sulle copertine), ma anche la circostanza per cui Will ama alternare alle uscite “standard” (album veri e propri) altre meno suscettibili di clamore mediatico e commerciale: EP (ogni tanto abbiamo bisogno di durate brevi), spesso privi di cantato (ogni tanto abbiamo bisogno di una sola chitarra acustica), spesso – restringendo ancor più l’obiettivo – colonne sonore per film indipendenti. Qual è il vero Oldham, dunque? Ma no, mai dare limitazioni ad un musicista finchè le proprie opere varcano le soglie di casa o dello studio. Oldham è “uno, nessuno, centomila”, probabilmente.
“Seafarers Music” centra in pieno la concorrenza di questi tre “requisiti”, anche se “Seafarers” è un documentario più che un vero e proprio film. Nessuna trama, quindi, se non il susseguirsi delle vicende di 4 uomini di mare di diversissima provenienza (uno svedese, un nigeriano, un croato e un polinesiano) in transito a Rotterdam, “the world’s largest port” (lo sapevate?), scenario in cui tali 4 figure assumono, evidentemente, una rappresentatività “globale” di tutti coloro che, intercambiabilmente, fanno il possibile per resistere allo sballottamento da un porto all’altro.
E intercambiabili sembrano essere i 4 lunghi strumentali di questo EP, per nulla associabili alle 4 nazionalità “sample” del documentario né particolarmente differenziabili tra loro. Elegie di chitarra acustica che insistono sulla ripetizione-accentuazione quasi ipnotica, eppure morbida, di un pattern, sorta di “gutta cavat lapidem” con cui Oldham tanto attinge alla propria ispirazione più intimamente remota per dipingere la paradossale solitudine quanto cerca di portare a miglior fine possibile l’opera di “anestetizzazione” dell’ascoltatore. Non è questione di sbadigli, intendiamoci, ma è inevitabile che tali specifiche conducano ad un “effetto culla” cui è pressochè impossibile sottrarsi. “For those about to rock”, invece, preferibili altri “porti”…
Autore: Bob Villani