Il meglio che ci si possa attendere da un disco – diciamo la verità – è che, per il tramite della relativa recensione, possa assurgere a pretesto per discorrere, prima che di esso, di una situazione di vita astrattamente identificata (più che di un determinato episodio, come soleva fare – alla sua sguaiata maniera – il padre di tutti noi scribacchini, Mr. Lester Bangs). Oltretutto – e parlo del disco in questione – il poverino giaceva lì in attesa di consegna ad altro latitante scrivano, pareva quasi guaire nell’implorare un ascolto – e relativa review. Presentimento cui contribuiva – aiuto del destino? – l’aver a portata di mano anche il full-length predecessore, “The Captain Is Dead, Let the Drum Corpse Dance”, anch’esso ancora desideroso di attenzione.
La vita di cui vi parlo ovviamente non è questa, ma parte dall’ascolto: quello dell’album, innanzitutto, festoso nella combinazione dei suoni/strumenti, ambivalente nel mood, straniante nella esile voce di Jordan Geiger (che ricorda curiosamente quella di Frank Black) e nel modo in cui questo quintetto del midwest stiracchia la folk-form delle canzoni per assecondarla, in forma pop ma talora anche accatastando rumorosamente i suoni, al proprio estro mutevole e umorale.
La qual cosa trova piacevole conferma nei 5 brani (più una breve coda parlata fuori tracklist) di questo EP. La title-track, in apertura, e la successiva ‘Time Wastes Itself’, in verità non dicono granchè né su una presunta evoluzione dei Minus Story – risalgono infatti a un paio d’anni fa –, nè su quello che legittimamente ci si aspetta sia il “succo” del mini-album. Ciò che prontamente giunge in ‘Suffer by Yourself’ – e nella conclusiva ‘Hybrid Moments’, ricca di sfumature sonore che si accavallano sempre più –, capace di evocare, sotto le spoglie un up-tempo folk con lancinante armonica, un senso di meraviglia estatica e incantata, quasi infantile. E ancora, la successiva ‘Misery Is a Ship’, sorta di struggente bozzetto – eccola, la vita – di un sodalizio, o altra umana situazione, che si avvia a un imminente, ma ancora incosciente (è una sgangherata tromba con sordina ad alleggerire l’animo) disarmo, fino al mesto epilogo degli ultimi due minuti del brano.
Proprio quest’incoscienza, questa esposizione di sensazioni immediate, non razionalizzate, è ciò che rende ibrida, in fieri e sfuggente a qualsiasi definizione l’essenza sonora dei Minus Story. Se capita che entri nel vostro campo uditivo, buon per voi. A patto che non la lasciate rapidamente uscire…
Autore: Bob Villani