È uscito il nuovo album dei Litfiba, “Essere o sembrare”. Bene. Ogni volta che si sente Litfiba, un certo non so che nello stomaco lo fa. Si pensa a quando da ragazzi ascoltavamo la voce inconfondibile di Piero Pelù piuttosto che le invenzioni a sei corde di Ghigo Renzulli. Ora però basta. Basta con questa nostalgia, Pelù è lontano e ora c’è Gian Luigi “Cabo” Cavallo ad accompagnare con la sua voce il Ghigo nazionale. Quattro anni dopo “Insidia” e tutte le polemiche, le scie ecc. si arriva al un disco che segna sempre più nettamente il distacco dall’ombra ingombrante dei furono Litfiba. Abbandonati i ruggiti, le “urla” ammiccanti e quel rock che li ha fatti diventare una delle band simbolo del rock nazionale, ora, grazie anche ai testi di “Cabo” i Litfiba si fanno più introspettivi, sempre rock, ma con un maggior numero di ballad. Avvalendosi del riacquisto del tastierista Antonio Aiazzi sfornano 9 canzoni “rilassate”, come loro stessi le definiscono. Atmosfere dark in “La tela del ragno”, resa ancora più inquietante dal sussurrato di Cabo, negritiani in “Sette vite”, dove la notte è protagonista. Un po’ deboluccia “Stasera”, sorta di filastrocca sensoriale, mentre la successiva “Giorni di vento” è una delle migliori. Non solo testi personali, però, ma anche più impegnati come in “No mai”, con la chitarra di Ghigo protagonista, e una concezione più rock. È da una frase di questa canzone che prende il nome l’album. “Un mondo pieno di modelli e stereotipi, che ti invitano ad essere o a sembrare ed è difficile capire dov’è il confine e dov’è la differenza”, così la spiega Cabo. Amore in “Alba e tempesta” e dopo “Prendere o lasciare”, “Mistery train” e “Sottile ramo”. A dire la verità è difficile trovare una canzone che si elevi sulle altre, spesso,infatti, sono troppo uguali. Manca lo spunto negli ultimi metri. Vogliamo pensare che siano ancora in rodaggio e aspettiamo il prossimo.
Autore: Francesco Raiola